VENTI DOMANDE ALLA P38

Da un paio d’anni a questa parte gira sul web e sui palchi una crew trap particolarmente avvelenata che prova a ribaltare gli stereotipi del genere prendendo come fonte dei suoi testi tutta la sfera ideologica di sinistra ed estrema sinistra, arrivando tranquillamente a cacciare dei pezzi iper aggressivi nei confronti di molti protagonisti della società contemporanea e allo stesso tempo ad appropriarsi dell’immaginario più incendiario della loro bolla, associandosi alle Brigate Rosse, a Stalin, all’insurrezionalismo e così via.

Il profilo, emerso al medio pubblico dopo il concerto del primo maggio di Reggio Emilia è valso alla gang l’attenzionamento delle fdo, indagini varie e addirittura una denuncia sporta dalla figlia di Aldo Moro. Noi di Livore abbiamo ascoltato il debutto del collettivo, NUOVE BR, e i loro brani precedenti – vi garantiamo che sono pezzi che sfiammano di cristo. In seguito a tutto il panico generato al primo maggio e ad un bellissimo comunicato stampa uscito sulla pagina della gang abbiamo deciso di contattare Jimmy Penthotal per approfondire sia il lato musicale che quello politico e condividervi tutta la vicenda: qui trovate le risposte alle nostre domande foraggiate dai membri della P38, rigorosamente in forma anonima.

In fondo all’articolo troverete un link per una pagina di produzionidalbasso che raccoglie i fondi per aiutare il gruppo a sostenere le grosse spese legali a cui dovranno far fronte in seguito alle indagini che – citiamo dalla pagina – danno la certezza matematica che si arriverà a dei processi e forse a delle condanne. I membri del gruppo rischiano fino a 8 anni di gabbio per aver fatto uscire un disco. Noi abbiamo già partecipato alla colletta: nonostante siamo degli antipatici pantofolai crediamo che le scene musicali debbano nascere in un contesto di collaborazione e in una dimensione associativa. Se siete d’accordo e avete intenzione di dare una mano alla P38 vi rimandiamo alla fine dell’intervista.

Buona lettura!

SEPARATORE

Ciao, prima di cominciare con le domande ci fate un rapido identikit? Chi fa le basi, chi rappa, chi balla, chi legge Capitalismo e Schizofrenia?

Le basi sono quasi tutte di papà Dimitri, a volte di produttori esterni, amici o conoscenti del gruppo. I testi li scrivono Jimmy Pentothal, Astore e YUNG STALIN (maiuscolo, sennò se la prende). Capitalismo e Schizofrenia l’aveva preso Pentothal ma da quello che si dice in giro non ci sta capendo molto.

Siete una crew che faceva trap e ha deciso di esporre la propria ideologia su disco oppure siete dei ragazzi con una forte ideologia che hanno scelto di darne uno sbocco estetico con un disco trap? O un’altra cosa?

In un certo senso siamo entrambe, tutti ci occupavamo di rap-hip-hop-trap prima del progetto e tutti eravamo e siamo comunisti, solo jimmy non faceva musica prima della P38. Poi sicuramente siamo anche un’altra cosa. Siamo molte altre cose.

Comunque raga, ci sembra che alcuni dei vostri pezzi siano molto più vicini all’hardcore hip hop nostrano (Kaos, i DSA, il primo Rancore, gli Assalti Frontali di Profondo Rosso…) che non alla trap italiana, che tende a essere molto più laccata. A livello estetico quali sono i vostri obiettivi, come vorreste posizionarvi?

Guarda, per esempio Astore e Dimitri sono molto legati all’hip hop vecchia scuola e magari ci ritrovi, a livello di suoni o impostazione metrica, quella roba lì diciamo. YUNG STALIN si pompa parecchia trap e ama parecchio sperimentare anche se pure lui rappa da moltissimo. Pentothal sta nel mezzo: se io e Yung stiamo sull’hardcore lui di suo è più vicino al conscious. Detto questo, a livello di immaginario, dall’hip hop italiano abbiamo preso davvero poco, Astore stesso ha mollato certi ambienti perché spesso tendono a veicolare messaggi reazionari e ipocriti. Pensiamo che in certi contesti non avremmo mai potuto dire certe cose, e ancora di più con il tipo di sonorità che stanno nell’album. In altri paesi hanno fatto i conti col nuovo, chi faceva e fa hip hop molto spesso è aperto anche agli ambienti più sperimentali e nascono nuove cose, nuovi album e progetti. Qua spesso si da ancora del sucker a chi usa l’808 o non rappa in 4/4.

Oltre all’hip hop vi avvicinate spesso anche agli act iconici della storia della sinistra italiana: alcuni beat sono reminiscenti degli Offlaga e citate più volte i CCCP, a parole. I nomi di questa sfera ideologica, però, non dovrebbero essere così pochi. Secondo voi come si fa ad allargare il campo, fare uscire più dischi di questo genere?

Non è così facile fare un beat, scrivere o comporre sulla scia dei propri ideali mantenendo anche una struttura melodica capace di rapire l’ascoltatore. Quanto può essere difficile rimare e cantare, che ne so, Gramsci sul funk? O il marxismo-leninismo sullo ska? Insomma, ci sono migliaia di sfumature e correnti e a volte è complesso anche solo farle andare d’accordo tra due persone, figuriamoci un gruppo. Beninteso, non che noi quattro siamo d’accordo su tutto, anzi. Noi ci siamo riusciti smussandoci giorno dopo giorno, incontrandoci e arricchendoci l’uno con l’altro, ma se uno vuol fare musica popolare e cantautorato e l’altro invece pensa che sia più incisivo il punk allora è un casino, o ci si mette d’accordo o le scissioni che molto spesso troviamo nei contesti partitici e militanti, andranno inevitabilmente a riversarsi sull’arte che intendiamo proporre al pubblico.

Un orripilante Skarl Marx recuperato da Reddit

Molti dei vostri beat sono piuttosto vicini all’horrorcore e alla trap più stronza degli states (Denzel Curry, BbyMutha, Moh Baretta, Zelooperz). Questi sono quelli che ci sentiamo noi, in realtà quali sono le vostre fonti principali?

In realtà c’è davvero pochissima influenza da parte degli states, o almeno influenza maggiore, anzi, ci divertivamo a fare la roba che andava in voga in Italia al momento ma sostituendone le parti più iconiche con frasi inneggianti a Stalin, al femminismo radicale, alle B.R. e così via, un po’ come gli Squallor che ti suonavano la strumentale alla Baglioni e poi ci cantavano sopra “O tiempo se ne va / e tu non vuò chiavà”.

Noi non siamo grandissimi fan del vostro genere (soprattutto in Italia), ma i vostri brani sono una bomba, checché ne dica Michele Serra. Come costruite i pezzi?

A volte abbiamo la fortuna di ritrovarci tutti, allora ci si chiude in una stanza, si manda qualche beat, si fuma e si beve fino a che non viene fuori una frase o anche un suono che faccia scattare qualcosa in tutti e spesso sono frasi o modi di dire che usiamo nel quotidiano, o per scherzare o per intenderci tra di noi. Molto spesso partiamo da un’idea, tipo “facciamo un pezzo che parli di questo” ma raramente la seguiamo alla lettera preferendo l’intuizione fugace, sentire che qualcosa funziona, allora partiamo con un nuovo brano. Diciamo che questo accade anche quando stiamo lontani ma con le naturali limitazioni della distanza, magari uno manda una bozza, l’altro ci si attacca, l’altro ancora inizia a stenderci un beat e così via. La maggior parte dei brani dell’album ha visto la luce così. Un po’ a caso diciamocelo.

Abbiamo visto che un paio di anni fa avete collaborato con Aban, che è con voi anche su MODA ITALIANA. Come state nel panorama musicale italiano, lasciando perdere i trap god delle major? Avete trovato abbastanza spazio nell’underground?

C’è sicuramente un lato di underground molto dura e pura che ci ignora e quando può ci rema contro, e, al contrario di quello che si potrebbe pensare, non sempre per motivi politici. C’è poi un underground più aperta alle sperimentazioni e al nuovo, fatta soprattutto di gente della nostra età che ci ha accolto con grande amore dal giorno uno come i Prima Repubblica, i 66cl, o ancora i carissimi Franchetti e Grabe con cui, in questo periodo, condividiamo anche il casino successo a Reggio. Ad ogni modo possiamo dire che su questo fronte abbiamo in serbo molte sorprese nel secondo album.

Avete un parco di flow estremamente interessante, timbri e volumi belli aggressivi – tutti molto diversi l’uno dall’altro. È stata l’esperienza P38 che ha contribuito a diversificare i vostri stili personali?

Noi ci siamo incontrati già così, poi abbiamo dovuto confluire ognuno nell’altro. Fossimo rimasti incagliati su noi stessi probabilmente non avremmo pubblicato neanche un pezzo.

NUOVE BR è un unicum, fotografia di una trap gang di sinistra che ha scelto di fare un esperimento situazionista, oppure proseguirete a fare musica?

Diciamo che ci sentiamo di avere ancora un po’ di cose da dire.

“Fanculo i meme, voglio la guerra”, dice GIOVANE STALIN. Però il potenziale memetico di NUOVE BR è innegabile, e il modo di incastrarsi nel cervello è quello: citazioni, ripetizioni, condivisibilità. Al lirismo bellico preferite gli anthem trap, che sono meme per eccellenza. Come funziona sta cosa?

Non la diremmo così polarizzata, ci sono tracce più comedy tipo COME ME COME TE e tracce più serie e hardcore come GULAG o conscious come SPUTNIK. In generale però crediamo che la lettura “memetica” non dia la giusta luce al nostro lavoro. Non è mai stata nostra intenzione fare i memini. Ci siamo trovati memati, diciamo. Com’è anche naturale che sia.

Frame dal video ufficiale di GHIACCIO SIBERIA

Sempre a proposito di meme: Dopo il primo maggio siete diventati estremamente notiziabili, al netto delle denunce. Questa situazione che si è creata è più vicina a ciò che volevate accadesse o a quello che assolutamente non volevate accadesse?

Sicuramente non volevamo che per un concerto venisse indagato Marco Vicini (presidente del circolo arci dove si è tenuto il live del primo maggio), non volevamo che i gestori dello Scumm di Pescara fossero chiamati dalla questura, in generale non volevamo coinvolgere nessun altro oltre a noi quattro in questa cosa.
Perché diciamo che sì, noi un pochino ce lo aspettavamo. Come abbiamo scritto nel nostro comunicato stampa: “A quanto pare il giorno è giunto: il variopinto mondo del giornalismo italiano si è finalmente accorto di noi. Benvenuti; siete in ritardo, ma vi aspettavamo”. Volevamo arrivare alle orecchie giuste (o sbagliate, se vogliamo) e ci siamo arrivati, questo sì, così come volevamo che l’industria musicale si accorgesse di noi, e difatti è successo. Ora si tratta di superare la turbolenza senza troppe ossa rotte per ritornare sui palchi a fare il nostro lavoro.

Di tutto il vostro assetto comunicativo sembra aver fatto scalpore molto di più il riferimento a nomi sensibili di vicende di 40 anni fa che non le invettive di critica sociale attuale. La considerate semplicemente una reazione pavloviana di istituzioni fatte da dinosauri o pensate ci sia qualcos’altro sotto?”

Reazione pavloviana è sicuramente il concetto che calza di più. Pensiamo sia andata proprio così: tu puoi sottolineare il disagio nelle periferie nel peggiore dei modi, essere crudo su tantissimi temi, addirittura inneggiare alla violenza quanto ti pare ma quando fai quei due o tre nomi (Moro, Moretti ecc.) cercano subito di annichilirti.

Pensate che il clamore mediatico che avete provocato possa andare oltre lo shock factor iniziale? P38 può diventare un nuovo modo di comunicare con una frangia che è stata sempre più ostracizzata da tutte le iniziative culturali italiane?

Per ora l’unica cosa che possiamo dire è che qualche slancio in avanti c’è stato. Noi ci limitiamo a sperarlo e a provarci sempre meglio.

Domanda facile, ma dobbiamo farla: che cazzo ci facevate nella lineup del MI AMI? E, ora che ci penso, come siete finiti sul palco del primo maggio di Reggio?

Diciamo che tuttora serpeggia in noi l’idea che in realtà quelli del MI AMI credevano che scherzassimo. Per noi poi era interessante quel cortocircuito per cui, un evento filo-governativo super sponsorizzato da mamma Rai, fosse interessato ad un gruppo che inneggia alle BR e alla lotta armata. È arrivata anche la digos però, e loro si sono tirati indietro. Poco male, non c’era nessuna intenzione di snaturare le nostre cose per andarci.

Bei tempi quando la P38 era nella lineup del MI AMI

Il vostro comunicato stampa è tosto, noi ce lo siamo salvati in locale perché sapevamo che non avrebbe avuto vita lunga. Ci fate nomi e cognomi delle band che parlano di stupro e mafia nelle classifiche a cui vi riferite? Altrimenti, se non volete rispondere, pandoro o panettone?

Pandoro! Non siamo mica la questura.

Secondo voi quali sono i messaggi più tossici della trap, che vanno sradicati al più presto? Voi avete combattuto questa battaglia?

Prima di tutto si è persa parecchio la voglia di collettivo, di stare insieme a fare qualcosa e confezionarlo al meglio, curare ogni parte per una necessità personale. In generale lo slancio a migliorare non solo la vita propria, ma quella di tutte e tutti. Questo è dato da due fattori: 1) le periferie e le province hanno sempre più fame 2) molto spesso un ragazzetto o ragazzetta talentuosi, quando non finiscono a smazzare erba o coca, preferiscono mettere da parte i soldi di una stagione lavorativa, farsi un video che spacca e se tutto va bene godersi la fama di due anni, mettere da parte e sparire. Ormai succede quasi con tutti e questo non fa bene né all’arte né agli artisti, perché fare questa roba diventa un mezzo e basta, l’importante è che suoni al meglio per il periodo e che ci siano quelle due o tre cose che piacciono.
Naturalmente per noi è una cazzata dire che è colpa dei ragazzini perché per noi il colpevole è naturalmente lo stato, o più in generale il meccanismo social-economico che lo stato perpetua. I posti dove si impara a far durare un prodotto, a svilupparlo affinché abbia un inizio ed una fine coerenti con l’idea che si ha in testa e soprattutto a viverci senza finire nel mare di singoli e hit usa-e-getta non esistono più. Noi abbiamo diversi pezzi che si discostano da questa idea, se uno si ascolta per esempio STELLE ROSSE si rende conto che non seguiamo la narrativa dominante e facciamo delle cose che durano, che si ascoltano anche dopo un tot perché non sono solo frutto del momento ma di tutto un percorso.

Nella bolla di sinistra ed estrema sinistra siete trattati bene, io vi ho conosciuti lì. Pensate che cambierete la vostra semantica per raggiungere più persone ora che ne siete usciti a forza, oppure non ve ne frega un cazzo?

Beh, diciamo che abbiamo abbastanza esperienze che possono ridimensionare la tua tesi. Poi naturalmente sono i compas quelli che il più delle volte ci scrivono, ci chiamano a suonare, ci stimano. Ma questa non è la norma, o meglio sicuramente non lo era prima che scattassero le indagini. Poi il secondo album si occuperà in un certo senso proprio di questo, di andare oltre la nostra bolla; ma ovviamente andare oltre non significa abbandonare la lotta o dissociarci, si tratterà di rendere masticabili certi temi anche a chi non li conosce o non li condivide, come un po’ abbiamo già iniziato a fare.

La clique su infoaut

Secondo voi chi è la persona o la band che meglio di tutte nella storia recente è riuscita a fare politica tramite la sua musica? Mirate anche a questo?

Se ne potrebbero citare tante, considerando poi che la musica molto raramente non è politica visto che la politica si insinua in ogni cosa. Se ci pensi anche Fedez fa musica politica. Solo che per la maggior parte delle questioni sta dall’altra parte della barricata diciamo.

“Sganciamo bombe su un mondo di nazi” ora non suona più tanto bene. È possibile che la situazione internazionale abbia contribuito alla vostra demonizzazione, considerando la stupida riduzione dell’Unione Sovietica alla federazione russa?

Mah, in realtà non crediamo. Lo shock è arrivato per le BR, il sequestro Moro e così via. Non che questo tolga alla gravità della situazione ed alla piega guerrafondaia e russofoba dei media in questo periodo.

Un singolo esempio per riassumere la differenza di trattamento riservato a voi e a tutti i gruppi hardcore punk/oi! che certe stoccate le tiravano da decenni: lo sapete che c’è un collettivo hardcore romano che si chiama P38PUNK e che non ha mai suscitato polemiche in 30 anni di attività? La responsabilità sta nei megafoni a cui siete arrivati, nello stile specifico di musica che avete scelto o ci sono altre interpretazioni?

Certo, conosciamo i P38PUNK, anche se non benissimo: va detto che li abbiamo scoperti molto dopo l’uscita di NUOVE BR. In questi giorni ci hanno anche scritto una mail molto simpatica dove ci segnalavano che alcuni giornali credevano che ad esporre la bandiera delle BR fossero stati loro, facendo “confusione tra le P38”. Probabilmente loro non hanno toccato i nervi scoperti che abbiamo toccato noi, o chissà magari è il genere. Boh, pensiamo sia tutto il mix ecco, delle tracce trap e rap inneggianti alle BR, alcune con quell’umorismo lì, con quei toni. In ogni caso auguriamo il meglio ai P38PUNK e chissà che non ci si ritrovi a suonare assieme qualche volta.


La chiacchierata è stata proficua, al netto di un paio di nostre imprecisioni. Se volete approfondire ancora l’argomento P38 trovate un’altra intervista un po’ meno rigida e più concentrata sulle tematiche di attualità politica su infoaut, che mette poche domande ben piazzate e ci fa uscire un articolo molto interessante.

Se volete contribuire alle spese legali della P38 ecco il link per la pagina di produzionidalbasso:

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Alessandro Corona M
Alessandro Corona M