MICHEL VAN DER AA – UPLOAD
Abbiamo tutti quanti la fortuna di mettere le mani su una registrazione della film-opera Upload, scritta dal compositore olandese Michel Van der Aa, eseguita dalla Dutch National Opera e dall’Ensemble Musikfabrik con Julia Bullock (soprano) e Roderick Williams (baritono), che prendono parte al libretto come protagonisti e unici interpreti di questa breve ora di classica contemporanea. In questo minutaggio d’opera particolarmente ristretto, Upload racconta di come il rapporto tra un padre morente (Williams) e sua figlia in lutto (Bullock) viene trasfigurato a causa del caricamento della coscienza del primo su di un supporto digitale, con una narrazione che procede per flashback ed un tormentoso sguardo sulla condizione che Julia Bullock deve sopportare, in costante confronto con una mera simulazione dell’esistenza del suo genitore.
L’approccio all’opera di Van der Aa è molto olistico. È possibile saggiare la complessità della creazione nella mezz’ora di The Making of Upload, che racconta al pubblico di quanta cura è stata impiegata nella ricerca della scenografia e delle coreografie, della registrazione e costruzione dei filmati da proiettare a fondo palco, in generale dell’organizzazione di un’esperienza onnicomprensiva che parta dall’incontro tra la solitudine somatica e concreta della soprano che vaga sul palcoscenico e la versione particellare e digitale del baritono che duetta con la figlia dalla sua prigione di silicio. L’opera, che ha avuto la sua prima nel 2020, è stata recensita con entusiasmo da grandi testate (su tutte, il Times), ma come molti lavori di classica contemporanea è stata molto poco raccontata sui magazine di musica generalisti. La versione digitale, rilasciata questo gennaio sulla label di Van der Aa, ci permette di dire due parole sul comparto squisitamente sonoro della film-opera, che da solo è in grado di rivaleggiare e primeggiare su moltissime delle registrazioni che ci sono arrivate in questo 2023.
Il galvanizzante percorso di Upload si dipana attraverso nove scene di lunghezza variabile, mantenendo il più importante occhio di bue sulla voce di Julia Bullock che, pur risultando un po’ affettata in certi passaggi, brilla e si mantiene solida e vivace anche negli alti più drammatici. Laddove il tratto vocale che accompagna il lutto della soprano è spesso coeso e retto, Upload si imbizzarrisce e si increspa nel canto boscoso e cedevole di Roderick Williams, che ha certamente la parte più difficile (anche solo a livello di recitazione) e che viene spesso accompagnato da colpi d’orchestra tragici e dolorosi, che fanno poi la vera, schiacciante grandezza del lavoro multimediatico di Van der Aa. Il compositore sceglie per questo racconto sulla soglia tra l’umano e il digitale una serie di strumenti diegetici che lasciano un po’ spiazzati, ma che funzionano molto bene. Se, infatti, tra i lavori di musica preferiti da Van Der Aa ci sono Kate Bush e i Talk Talk, la fattura di Upload in vari suoi sprazzi strumentali risulta immediatamente molto radicata in tanta musica di accademia del Novecento. Ad un primo ascolto sono fortissimi i richiami ai balletti di Stravinskij e ai linguaggi musicali sviluppati da Ligeti, ma passando e ripassando con le cuffie sui minuti dell’album compaiono tanti dei grandi serialisti (Stockhausen in primis, ma anche la letteratura per archi di Schoenberg e Webern) e soprattutto un legame diretto con alcuni operisti contemporanei, su tutti il cimentoso Henze delle Bassaridi e l’ormai intima Kaija Saariaho, il cui L’amour de loin è una delle scritture preferite di Van der Aa. Questa piccola carrellata di riferimenti, soprattutto nei momenti più impegnativi del cantato di Williams, si trasforma su palco come un ripetuto guizzo creativo dell’orchestra, che lampeggia e ribolle con angoscianti tremolo degli archi, traballanti singulti delle percussioni, basse frequenze d’ottoni che fioriscono e risalgono la china sotto i lamenti dei due interpreti protagonisti. Tutte le sezioni orchestrali si prestano a queste strette e dense pennellate impressioniste, che difficilmente costruiscono una continuità e spesso rimbombano nella registrazione come passeggere crisi di pianto interrotte sul nascere. In alcune rare circostanze incombono sul lavoro dell’ensemble delle costruzioni di elettronica in presa diretta che per certi versi sono molto retrò, del campo della musique concrète e della cibernetica di Roland Kayn: non sono i disegni più entusiasmanti di Upload, ma servono a scaldare il pubblico per la scrittura delle scene di mezzo, in cui questo ribollire dell’orchestra – primordiale, eterogeneo e innanzitutto analogico – cede il passo alle cuciture digitali, che si librano con una dolcissima linearità a richiamare il minimalismo americano e l’elettronica progressiva di scuola berlinese. Queste sezioni sono molto più ottuse di tutto il resto dell’opera, ma marchiano l’ascolto a fuoco con un crescendo che nasce con dei vaghi collage sonori di sfondo, cresce negli infiniti walking synth anni ‘70 e ha il suo climax in una pura bolgia di power electronics battezzata sul nascere della scena 5.
Questa anima sfaccettata e intensa di Upload rende ogni ascolto a modo suo rivelatorio, con alcuni punti di enorme lirismo regalati dalle intrusioni ossessive della live electronics e una scrittura delle parti d’orchestra tutta quanta da esplorare nelle sue conche, nei suoi rovesci più magmatici e nei suoi bordoni inquieti. Questo lavoro di esplorazione, costantemente sconcertato dalle linee vocali di Bullock e Williams, varie volte interrotto e brutalizzato dalle cascate di elettronica, è abbastanza succulento da farci scegliere questa registrazione come uno dei dischi più affascinanti e significativi di questo scorcio di 2023. Godetevelo.