CONTAINER BELLO

LE TENEBRE VISCOSE DI MIDORI TAKADA

MIDORI TAKADA – YOU WHO ARE LEAVING TO NIRVANA

WRWTFWW

2022

Shomyo, Sperimentale

Non sempre su queste pagine troverete approvazione per chi torna nel gioco delle pubblicazioni musicali con grande ritardo sulla propria golden age, ma per l’ultimo lavoro di Midori Takada, patron del minimalismo giapponese e collaboratrice di tante colature new age anni ‘80/‘90, possiamo fare un’eccezione. Ripercorro brevemente per i nuovi arrivati: percussionista accademica, dalla fine degli anni ‘70 subisce il fascino del minimalismo di ascendenza Reich/Riley, entrando nella scia del Drumming del primo e approfondendo i colori melodici del secondo. Nello stesso periodo rivede il suo percorso prendendo ispirazione e materiali dalle musiche popolari dell’Africa centro-occidentale e dall’onnipresente gamelan indonesiano, coprendo i propri set di percussioni con idiofoni come marimbe e mbire (strumenti esaltati in questa intervista di … redbull?) e assimilando tante delle strutture ripetitive e rituali della musica giavanese. Sembra proprio di farsi travolgere dai jegog, d’altronde, quando ci rimettiamo ad ascoltare Through the Looking Glass (1983), il pièce de résistance della carriera di Takada. L’album è diventato presto noto per gli interessati di settore, ma è soprattutto emerso tra il pubblico più giovane e generalista grazie a una ristampa del 2017, che ha riportato la percussionista all’attenzione dopo un trentennio di prestazioni non riuscitissime in campo new age (penso a The Legend of the Dragon, 1990 o a Tree of Life, 1999) e prove molto più interessanti nell’arco del sincretismo musicale esplorato sotto il segno degli idiofoni (soprattutto African Percussion Meeting, 1990). Questo 10 giugno la WRWTFWW ha pubblicato una doppietta di solisti di Takada: Cutting Branches for a Temporary Shelter, una dolce e lunga reimmaginazione del brano omonimo della Penguin Café Orchestra e You Who Are Leaving to Nirvana, disco dallo spirito molto più dissonante di cui vi parliamo oggi. 

Il lavoro di Takada alle percussioni, per chi la conosce, è sempre stato particolarmente orizzontale, onnipresente, con quella tipica ciclicità modulare del minimalismo americano e dei campi etnomusicologici esplorati dalla musicista nei suoi anni di attività. C’è da rimanere scioccati, quindi, a constatare il mutamento radicale dell’approccio dell’artista nel corso del disco: il suo drumming si allontana e si fa da parte per quasi tutta la durata dell’album, sottraendo la maggior parte dei suoi stilemi caratteristici dalla scena e aprendo il sipario all’orazione magnetica e numinosa di Syuukoh Ikawa e del suo sangha di monaci Shingon della scuola di Koyasan, che si impadroniscono volentieri del palco concesso con quattro canti shōmyō (Teisan, Unga-Bai, Sange, Taiyo), un mantra (Hannya-Singyo) e un goeika (Kannon-Daiji). La performance del sangha di Koyasan è da brividi, in ogni suo versante. Il comparto sonoro comandato da Takada si deve confrontare sin da subito con una musicalità molto diversa da quella cui è abituata e, quando non è l’ufficiale protagonista (Gyatei-Gyatei), si adagia sui vuoti, fondando buona parte della sua scultura di sound art su carezze piene e galleggianti ai gong nyo, stridii terrificanti e accenni spettralisti. Ogni brano di You Who Are Leaving to Nirvana sarebbe di per sé un intrigante pezzo di dark ambient, bello dinamico nei suoi grigi; ma quando l’ascolto si accompagna ai baritoni e ai bassi dei brani shōmyō subentrano immagini ben più spaventose: la voce di Ikawa, tutta presa a comporre il suo canto rituale, subisce – almeno all’orecchio occidentale –  il détournement tipico dell’ode religiosa che si rovescia nel campo del perturbante, quando non del demoniaco. Così come un canto gregoriano con la giusta atmosfera può assimilarsi al Masked Ball di Jocelyn Pook, così le semplici tessiture melodiche di una Unga-Bai e di una Sange sembrano violentare il lavoro di Takada, sbatterlo per terra, lasciarlo accartocciare su se stesso e fargli chiedere nel panico una pietà che non otterrà. L’esperienza è intensissima: al di là dell’exploit del sangha di Koyasan, particolarmente interessante sul piano culturale, il monito di You Are Leaving to Nirvana nasconde nel suo intreccio centrale tutte le componenti del mysterium tremendum, amplificato alla massima potenza dal cavernoso interplay di Taiyo, in cui, durante la bordata monodica dei monaci buddhisti, il nebuloso intervento di Takada ributta sulla tela una tenebra viscosa, un liquido totalmente nuovo alla sua tradizionale tavolozza. Certo, la marimba della percussionista è sicuramente più a suo agio con il mantra di Hannya-Singyo, che con il suo incedere ricorsivo e netto lascia una struttura concreta per interventi pieni e orizzontali, quando non propriamente solisti, ma è il finale di Kannon-Daiji che lascia scombussolati e affamati (non ce n’è altro?). Questa goeika guidata da Ikawa è senza dubbio il brano più umano e struggente, l’epilogo vivo e malinconico di questa ascesa all’oscurità, che dalla scala Yo dei precedenti canti shōmyō passa ad una più elegiaca e funesta Iwato (così come accade nella seconda metà dello splendido Warabe Uta di Takahata), con Takada alla marimba che fa il verso al koto, dando al canto un tono lunare, pallido, che sigilla tutto You Who Are Leaving to Nirvana in un mondo che non è decisamente il nostro. 

A parlare di questo disco si inciampa spesso, perché le parole non fanno giustizia né all’espressività della scuola di Koyasan né all’eccezionale lavoro di affiancamento di Takada, che ha il grande coraggio di modificare completamente il proprio drumming per la riuscita del progetto e che non appariva così ispirata dai tempi di Through the Looking Glass. Un’esperienza così rovinosa non può non germinare certe riflessioni e certi cambiamenti in chi vi si approccia, non può lasciare freddi, non può non suscitare un enorme brivido e un pari sentimento di timore reverenziale: vi sfido ad ascoltare. Per questi stessi motivi You Who Are Leaving to Nirvana non può che essere una delle nostre scelte dell’anno.

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Alessandro Corona M
Alessandro Corona M