CRIZIN DA Z.O. – ACELERO
Senza averla mai visitata, noi italiani possiamo soltanto immaginare il caos di una megalopoli come Rio de Janeiro. Ogni giorno i suoi quasi sette milioni di abitanti si trovano faccia a faccia con realtà diversissime: aree metropolitane da primo mondo si ergono poco distanti da gigantesche favelas, dove oltre un milione di persone vivono in condizioni di povertà estrema. Spiagge assolate, foreste tropicali, baraccopoli sconfinate, grattacieli e oceani d’asfalto fanno da teatro all’umanità di un Paese con una cultura musicale poliedrica e straordinariamente pervasiva. Quanto può essere affascinante la prospettiva offerta dagli artisti del luogo? In un’era dove il progresso tecnologico trova ogni giorno nuovi modi di creare shock culturali e incomunicabilità tra microstrati sociali diversi, il trio brasiliano Crizin da Z.O. prende questa miriade di input e la condensa in trentacinque minuti di fuoco. Il loro è un hip hop dalle tinte industriali e cibernetiche che incontra l’estasi del funk carioca e l’abrasione della musica gabber e metal. Prendete la tridimensionalità dei Techno Animal e il vigore degli Atari Teenage Riot, mettetele a contatto con la scena rave brasiliana e filtrate il tutto alla luce di una sensibilità davvero spiccata: otterrete una mistura molto cosciente di violenza e intricatezza, un lavoro capace di sfruttare al meglio l’inquietudine che può scaturire da commistioni di generi e culture molto distanti. Acelero sbatte in faccia all’ascoltatore un vivido spaccato di contemporaneità, guardando il progresso con occhio critico e una sana dose di pessimismo. La rarefazione timbrica dei brani resuscita i vuoti pneumatici della techno anni ‘90 più acida, e viene poi riempita dal monocorde registro basso della voce di Cris Onofre, permettendogli di giocare con lo stridore atonale del suo dialogo coi beat; versi sul controllo, sulla frenesia, sulla perdita di umanità del mondo moderno assecondano questi panorami plumbei, creando una sorta di metallica oppressione che grava sul disco intero.
A squarciare questa cappa soltanto il ritmo, elevato così a unica ancora di salvezza del genere umano: percussioni totalizzanti infestano la maggior parte dei brani, fornendo uno strumento di partecipazione all’ascoltatore. Il movimento diventa impulso, che diventa comunione catartica con un mondo incomprensibile – una danza infinita e senza senso, ma non per questo meno liberatoria. In tutto ciò, quello che colpisce in particolar modo di un album come Acelero non sono i suoi ragionamenti distopici che, pur portati avanti in modo coinvolgente, si articolano sempre sui binari da tempo stesi nell’inconscio collettivo, bensì la sua anima da outsider: l’impasto di generi proposto dai Crizin da Z.O. è particolarissimo, e la maniera con cui affrontano ciascuna influenza tradisce una visione musicale unica. Troviamo break metal centellinati e traslati in un’accezione cibernetica (O Fim Um) da far invidia ai Voivod; ghirigori elettronici che, nel loro essere vagamente datati a livello timbrico, comunicano con ancor più fascino panorami appena troppo cyberpunk per essere considerati retrofuturismo (i synth sulla seconda parte di Domingo mi hanno riportato alla mente la colonna sonora di Wipeout 2047, gioco frenetico di corsa tra navi spaziali per PlayStation); e ancora aperture rock più suadenti, che gettate in questo bordello e veicolate dal cantato orchesco danno vita ad affascinanti cantilene tra l’ipnotico e l’uncanny (Carro de Aplicativo). Come se non bastasse, i tamburi di De Repente e Demônio do Rio da Prata sembrano voler sposare la ritmica vitalista eppure delicata di molta musica popolare brasiliana con un battito, più impetuoso e diretto, di estrazione tradizionalmente africana; questa raffinata sfumatura diventa ancora più impressionante quando si considera che i tamburi su Acelero sono già impegnati in una battaglia continua per non essere fagocitati dagli arrangiamenti elettronici, e che con un po’ di immaginazione possiamo quindi vedere come simbolo di lotta del genere umano contro una tecnologia spersonalizzante.
Acelero è quindi, prima di tutto, un album pieno di significato, capace di sposare perfettamente le tematiche che affronta coi mezzi utilizzati per trattarle; è poi una mina trascinante e gustosissima, che ti tira continui cazzotti sui denti senza mai farti male. Il progetto Crizin da Z.O. si rifà a un bisogno bruciante da sempre caratteristico della musica brasiliana: quello della rottura di schemi, stili e preconcetti, di liberazione e internazionalismo musicale. Partendo dalla MPB di Caetano Veloso e Milton Nascimento e passando per la declinazione musicale della scena manguebeat coi Nação Zumbi, la contaminazione di ritmi e melodie popolari con mode e innovazioni musicali estere (che specie nella band di Chico Science incorpora anche hip hop ed elettronica) riesce anche in questo caso a creare un prodotto avanguardistico e lungimirante. Guardando a una scena così vasta e affascinante come quella dell’hip hop brasiliano contemporaneo (specie quello più strano, con radici nel phonk e nel Miami bass, che rilegge questi microgeneri col classico piglio festaiolo latinoamericano), Acelero può inoltre servire come esempio di diramazione estrema del funk carioca, sapientemente scolorita e più vicina alla nostra sensibilità, comunque percorribile a ritroso per addentrarsi in una delle tante giungle che rendono l’ascolto musicale approfondito un’esperienza straordinaria.