CONTAINER BRUTTO

IL NUOVO DISCO DEI DÄLEK È COME RICEVERE I CALZINI A NATALE

DÄLEK – PRECIPICE

Ipecac

2022

Illbient, Hip Hop

I dälek non hanno esattamente bisogno di presentazioni: è dal 1998 fino alla fine degli anni 2000 che hanno tempestato la scena hip hop statunitense di uscite-macigno, insieme ai Techno Animal di Broadrick hanno sostanzialmente definito i parametri glaciali e dinamitardi dell’hip hop industriale e negli anni sono sempre riusciti a reinventarsi anche con battigie più atmosferiche e abstract. dälek è un nome che è rapidamente diventato sacro nella storia del genere e che ha influenzato i beat e il lirismo di tantissimi gruppi nati ben lontani dal New Jersey. Funzionano circa fino al 2010, l’anno di uscita di Untitled, ultimo progetto in cui MC dälek è accompagnato dalla produzione di DJ Oktopus

Chi li segue da qualche anno si ricorderà il periodo di inattività del gruppo e forse si ricorderà anche l’hype generato da Asphalt for Eden, un ritorno in grande stile per nientemeno che Profound Lore con alla produzione Mike Manteca e Dj rEk, quest’ultimo alla console nei pezzi di From Filthy Tongue of Gods and Griots, uno dei loro capolavori. Se siete sul pezzo vi ricorderete anche che Asphalt for Eden è stato un buco nell’acqua sia per la stampa generalista che per gli appassionati, con un metacritic totale di 69%, non esattamente adatto al calibro del moniker. Da quel momento i dälek cagano qualcosa di molto riassumibile con sempre-la-stessa-roba, una roba che non è esattamente entusiasmante e che macina vendite sui soli fasti dei Noughties, anche dopo essere tornati su Ipecac: rime cariche di un’aggressività un po’ farlocca che vengono mixate su basi qui synth-noise, un po’ più interessanti, ma lì organicamente illbient, a rimasticare quella forza novantona che non è esattamente una differenza specifica nell’ultimo decennio. Anche Endangered Philosophy è su questa falsariga, regalando quella cartacea bidimensionalità che ha mantenuto la nuova formazione dei dälek sulla cresta dell’onda della media mediocrità. “Adatto ai fan”, chiaramente.

Precipice, invece, è proprio un disastro, nonostante il ritorno di Joshua Booth alla chitarra. Oddio, forse proprio a causa del ritorno di Joshua Booth alla chitarra: il rap di MC dälek si perde per tutto l’album in un vagheggiare shoegaze/drone che era fuori tempo massimo quando il gruppo registrava Negro Necro Nekros, sgravando totalmente sulla consegna, qualunque essa fosse. L’esperimento crossover è doppiamente improbabile nell’affiancamento del flow carnoso e sbavato di Brooks con quella black muzak da tre soldi, situazione che dà il colpo di grazia a un sound che s’era incastrato in se stesso da una quindicina d’anni. Con la copertina disegnata da Paul Romano e l’ospitata di Adam Jones è chiaro come l’interesse della coppia (dj rEk è andato) si sia spostato in località ben più organiche e post-elettriche (per non parlare di tutta la maestosa bianchezza che emerge dal primo ascolto), con una fascinazione che tocca il black metal atmosferico e i nuovi sviluppi post-minimalisti dell’ambient casereccio. Però dai, l’esperimento di fusione è orripilante: la voce di MC dälek è condannata a vagare in delle deprimenti radure che tolgono dinamismo e colore ad ogni brano; i beat sporchi (scrausi) che fanno ritmo sono condannati ad essere dei normalissimi vassalli di svisi da meditazione che chiamano emozioni a buon mercato; in generale il progetto si è arenato in un ping-pong che ridicolizza tanto il lato dark e trascinato del disco quanto le sue lyrics, belle e nervose, destinate a posarsi in un album che non vale granché. La beffa finale di Precipice? I suoi lunghi segmenti strumentali che bivaccano tra il post-gaze e il low-noise, brillanti come un elenco telefonico, originali come le poesie di un adolescente. 

Non avevamo nuove dai dälek dal 2017, speriamo di non averne altre almeno fino al 2027. Sarebbe da matti sperare che ai nostri idoli non possa capitare lo stesso declino che abbiamo visto succedere quarant’anni fa alle rockstar. 

A volte smettere di sperare è la manovra giusta: grazie dei calzini, tornano sempre utili, ci vediamo alla prossima.

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Alessandro Corona M
Alessandro Corona M