ADRIANNE LENKER – BRIGHT FUTURE
Ogni anno ci troviamo inondati da una marea di folk. Non è difficile immaginare il perché: è una delle forme più semplici di espressione nella musica popolare, e al contempo una delle più efficaci. Partendo da una voce e una chitarra si possono lambire numerosissimi lidi stilistici ed estetici, toccare passato, presente e futuro, restare ancorati alle tradizioni di casa propria oppure andare a cercare panorami esotici; eppure il cuore pulsante di un disco folk resta spesso costante, e luccica attraverso tutti gli strati, gli arrangiamenti e le influenze – una voce e una chitarra. Il folksinger è un musicista nudo, legato senza fronzoli all’ascoltatore. Parla una lingua meno ambiziosa del jazzista, meno convoluta di quasi tutti gli altri generi, e pertanto non si può nascondere. Forse per questo motivo, gran parte dello stuolo di artisti che prendono una chitarra in mano e prestano la loro voce al folk non produce niente di buono, finendo per stare antipatici a chiunque non sia loro fan. Non è quindi un caso che in redazione il folk, specialmente quello di matrice indie – che nell’occidente del nuovo millennio è forse il più diffuso – risulti divisivo come pochi altri generi. Chi vi parla è uno dei suoi maggiori estimatori, e vi parla per comunicare che il nuovo disco di Adrienne Lenker è eccezionale.
Bright Future segue tutte le considerazioni fatte poco sopra, proponendo un folk semplice che tuttavia rimane in continua mutazione; emotivo e personalissimo, il nuovo progetto solista della frontman dei già incensati Big Thief presenta numerosi punti di forza che si palesano pian piano. Iniziamo dunque dall’immediato: la produzione è incredibile. Bright Future ha uno dei sound più belli degli ultimi anni. La timbrica di voci e chitarre è splendida e proteiforme, e asseconda gli umori di ciascun pezzo facendosi all’occorrenza più fragile o robusta, calda o fredda, enfatizzando silenzi oppure riempiendo magnificamente l’ambiente. Queste grandi qualità traspaiono già da Real House, primo brano del disco, dove il peso del passato e il vuoto di domande senza risposta riecheggiano tra respiri, crepitii e piccoli rimbombi grazie a tante minuziose accortezze in fase di arrangiamento, e a una registrazione vocale che non cela nessun aspetto del timbro della Lenker, mettendo a nudo i respiri così come il tremolio della voce. Il brano rientra pienamente in quell’intimismo descrittivo portato avanti dagli ultimi progetti di Mark Kozelek e Phil Elverum, cosa che inizialmente mi aveva spaventato non poco: questo approccio al genere funziona su carta, ma finisce quasi sempre per essere estenuante – non lo ascolto con piacere. Per fortuna Real House funge solo da introduzione, e il disco si assesta poi rapidamente su un country vestito dell’emotività più moderna dei Big thief. Il gusto melodico, dopotutto, rimane sempre quello ed è riconoscibilissimo; c’è però un tormento interiore profondo e mesmerizzante che riporta alla mente l’angoscia di Lisa Germano, e scurisce tutto il calore dei violini tipicamente country che entrano a più riprese. Al susseguirsi delle tracce, la poliedricità della produzione scaturisce non tanto dall’incorporazione di varie influenze (si rimane sempre nell’orbita dei 3-4 generi già citati), bensì dalle sonorità che ciascun pezzo utilizza per comunicare il proprio messaggio: le tinte psichedeliche degli arpeggi di Fool, lo sfrigolare lo-fi di Vampire Empire, dove il gioco quasi stridente sulle dinamiche alte e la magrezza dei timbri finiscono per ricordare il sound casalingo dei Tall Dwarfs. Tali sonorità, come anche il pianoforte ovattato di Evol o il banjo di Already Lost, non si spingono così tanto al di fuori del reame folk da evocare effettive influenze di generi o band esterne, e testimoniano la misura della cantautrice americana nell’usare solo lo stretto necessario per mantenere freschi questi quarantatré minuti. Grazie alla forte padronanza del vocabolario folk dimostrata da Adrianne Lenker, Bright Future scorre con una naturalezza non indifferente, lambendo tantissimi stati d’animo senza mai disunirsi – restando sempre, alla fine dei giochi, una voce e una chitarra.