EDITRIX – EDITRIX II: EDITRIX GOES TO HELL
Quest’anno sembra essere un momento di totale rivelazione e rinascita per un certo tipo di rock duro e arcigno: se Alessandro su queste pagine era rimasto spiazzato da quelle che erano le incomprensibili deflagrazioni a mo’ di shrapnel dei Soul Glo, posso dire con certezza di essere ugualmente rimasto con la mascella per terra nel momento in cui ho finito per la prima volta di ascoltare Editrix II: Editrix Goes to Hell. Questo perché il trio della cantante e chitarrista Wendy Eisenberg è prevedibile quanto un giaguaro che vi esce dal cassetto delle posate; la miriade di coordinate che i tre componenti (chitarra, basso e batteria, proprio come piace a noi giovani dal cuore punk) riescono a tracciare con così pochi mezzi a disposizione ricorda di tutto, dai Minutemen (io lo SO che il riff blues malaticcio all’inizio di Cowboy l’ho già sentito da qualche parte) a divagazioni ska e contrazioni muscolari à la James Chance (Gut Project), passaggi che si avvicinano allo sludge degli Unsane (sentite il suono marcissimo del basso all’inizio di Hieroglyphics) ma anche al Richard Dawson più recente (quello di 2020, per intenderci. Non quello folk: quello è impossibile da imitare).
In aggiunta a questo florilegio di rimandi, colpisce il fatto che praticamente tutti i brani siano completamente scollati dalla nostra idea di “canzone” come tale: gli Editrix partono costantemente per la tangente, creando sezioni che c’entrano poco o niente con l’architettura originale del brano perché a loro piace così, ed è francamente impossibile stargli dietro. A volte ci si perde dietro una parte vocale che suona particolarmente sognante, manco fosse uscita da una b-side degli Stereolab, e si ignora tutto il comparto strumentale che intanto sta facendo i Cocteau Twins lobotomizzati, come su Mythic Victims; ti accorgi a malapena del fatto che la parte sia lì ed è già sparita, fagocitata da una sezione in cui il pedale della cassa spinge a duecento un fraseggio metallico incomprensibile e disarticolato, tutto quanto nel giro di un singolo pezzo. Nonostante questi e altri deliri sparsi tra i 35 minuti dell’album, l’aspetto più affascinante di Editrix II è che più si va avanti con i brani più ci si rende conto che la musica del gruppo non è un semplice andare ognuno per cazzi propri come potrebbe sembrare in un primo momento a chiunque desse un ascolto distratto. D’altronde sarebbe facile pensarlo, con quei controtempi sghembissimi che si intessono tra la linea della chitarra e quella del basso sulle quali si staglia la voce tutta pulitina e squillante della Eisenberg (e sinceramente manco si capisce come faccia visto il casino infernale che producono il basso di Steve Cameron e la batteria di Josh Daniel). Ma il dettaglio spaventosamente folle, quello che lascia col mal di testa di chi ha appena guardato per troppo tempo una luce che sfarfalla, è che su questo costante e sfilacciatissimo intreccio (che sul finale di Time Can’t Be Redeemed raggiunge per qualche istante vette di densità pari a quelle dei Don Caballero) si ha anche la chiara sensazione che Eisenberg e compagnia si stiano divertendo come matti a confondere le idee a chiunque e mandare tutto gambe all’aria ogni trenta secondi o giù di lì.
Più di una penna (tutte estere perché questo disco è stato malcagato qui da noi) ha puntualizzato come i testi esaltino e sottolineino questo umorismo sadico tramite una descrizione dell’intrinseca condizione esistenziale di una vita modificata irreversibilmente dal capitalismo e tutte quelle altre menate lì che fanno guadagnare punti agli occhi di Quelli Che Contano Nel Giro Di Chi Scrive Di Musica. Poi magari è pure vero che i testi sono la chiave di volta del disco, eh; ma stare a pensare a letture cervellotiche e post-ironiche è un passatempo che si possono sucare quelli che impazziscono per robaccia tipo le Wet Leg e che non sanno a cosa aggrapparsi altrimenti. Io sono TROPPO infottato da tutto quello che succede durante le singole manciate di secondi dei brani per curarmi del fatto che qualcuno mi sta ammonendo sulle conseguenze della pandemia sulla vita sociale per come l’abbiamo sempre intesa mentre mi stanno trapanando le orecchie i riff di One Truck Gone. Insomma, il giaguaro nel cassetto degli Editrix sta lì, pronto a sbranarvi: volete che vi stia a fare la morale o che vi ruggisca addosso con tutte le sue forze?