NICFIT – FUSE

Upset the Rhythm

2022

Noise Rock, Punk

Dalle prime bordate allucinanti di basso di Unleash è evidente che i Nicfit, band noise rock giapponese attiva dal 2009, non si accontentano di fare il verso ai Melt-Banana o addirittura ai Gerogerigegege, ma che i loro punti di riferimento sono ben altri, di uno sporco molto più tipico al di là del Pacifico. Del resto sarebbe strana e fuori posto la cover di Ack Ack Ack degli Urinals (poi 100 Flowers) che chiude il disco e va a dichiarare con un minutino di schiaffi che il misurino di Fuse è zeppo di elementi di noise occidentale e punk rock antipatico. Tutti i pezzi tornano velocemente al mosaico quando con una breve ricerca su internet si scopre che il disco è stato pitchato anche da Henry Rollins nel suo radio broadcast

Il formato long play non è stato mai calcolato prima del 2022 dai Nicfit, che infatti non hanno mai avuto alcun modo di emergere dalla community degli appassionati di noise e punk, per quanto abbiano suonato con act ben più globalpopolari come gli Oh Sees e i Total Control. Negli ultimi dieci anni un pugno di singoli, split e demo, tutto così artigianale da far passare la voglia di approfondire. Fuse, però, è una release veramente muscolare, che ribalta il ruolo di appassionati e dilettanti da palco dei Nicfit in quello di pasionari del noise rock. Per tutto il disco la voce squillante della cantante Hiromi – figlia parimenti degli scleri di Yasuko Onuki e delle grida hc delle Perfect Pussy – si accompagna a un apparato strumentale che nelle sue prove migliori è nostalgico, brillante e furiosamente interessante. La vera differentia specifica di Fuse rispetto ai lavori precedenti della band, ma anche alla marea di rumore che arriva dal paese del Sol Levante, è in un certo equilibrio bifronte dei suoi strumenti elettrici che, pur venendo anticipato nell’ossessività delle chitarre dei loro primi lavori, qui si risolve in una costruzione del pezzo ardua e coerente, che ha un attacco di strazi chitarristici scippati ai lavori più periferici dei primi anni ’80 (Count è sostanzialmente un omaggio alla Spectacular Commodity di Branca), un palato di schiacciasassi anni ’90 (walking bass tonanti in stile Jesus Lizard/Barkmarket) e una generale rabbia di vivere che ho sentito l’ultima volta nel bestiale S/T delle Taqbir, l’anno scorso. 

Fuse è una degna mina, parte con il botto e tiene ancorati ad un palco immaginario per una buona metà del disco, con un incedere che, quando va bene, inonda quei recettori sintonizzati verso la musica tumida e dissonante che tanto amiamo: l’opener è uno spettacolo, Human Inane tiene un beat garage legato a stridori di chitarra che pare di ascoltare i White Stripes fatti a pezzi con una motosega, Stink si apre addirittura con una grattugia alla Big Black e Fuse con la sua cassa in 4 concede agli altri strumenti una pausa per esprimersi in uno dei momenti più divertenti del disco. Nonostante siano in piedi dal 2009, i Nicfit non riescono a non farsi carico di quei difetti da debutto che aleggiano ineluttabili sulle loro teste: Fuse, come si vede dalla lunga fila di nomi che precede questo periodo, è un disco piuttosto derivativo, non si riesce a staccare da alcune delle lungaggini del rumorismo nipponico e nemmeno da alcuni pressapochismi dell’hardcore occidentale e i trenta minuti dell’album, anche se son pochi, faticano a mostrare un vero replay value o anche solo a lasciare pienamente soddisfatti. I pregi, d’altra parte, sono sicuramente di più dei difetti e Fuse dovrebbe essere per i Nicfit un esaltante punto d’inizio e non un esplosivo finale di carriera che chiuderebbe tutta l’esperienza del gruppo nel cassetto. Noi facciamo la nostra parte per promuovere un disco che è passato decisamente troppo inosservato e mettiamo questi quattro criminali di Nagoya nella nostra watchlist: non si sa mai.

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Alessandro Corona M
Alessandro Corona M