TYSHAWN SOREY – THE OFF-OFF BROADWAY GUIDE TO SYNERGISM
Qualche mese fa avevamo parlato brevemente, e in maniera non particolarmente entusiasta, di Mesmerism, il disco di sole cover che ai tempi rappresentava l’ultima pubblicazione di Tyshawn Sorey. Era il suo primo tentativo di cimentarsi in veste di leader con musiche non composte da lui stesso, e di conseguenza pur con tutte le incertezze del caso si distingueva per un’estetica accessibile e melodica inedita in un corpus come quello di Sorey che, complessivamente, vanta alcune delle musiche più criptiche e complesse emerse dall’avanguardia improvvisativa americana. Proprio per questo, nonostante si trattasse di un lavoro ben dispensabile, Mesmerism sembrava meritare un ascolto perlomeno per il suo fascinoso esotismo da esperimento estemporaneo, un tipo di fascino che Mesmerism condivide con molte altre registrazioni di novelty – penso, per esempio, ai dischi di standard incisi da Anthony Braxton, che in quel caso erano pure notevolmente peggio riusciti. O almeno, questa era l’interpretazione che io avevo dato di quel lavoro, inciso da un gruppo che non si conosceva e che aveva sulle spalle solo un paio d’ore di prove insieme prima delle registrazioni per l’album.
E invece mi sbagliavo, perché a novembre la Pi Recordings ha tirato fuori un triplo live, intitolato The Off-Off Broadway Guide to Synergism, che ha certificato definitivamente la dimensione di Mesmerism come mera bozza per un progetto molto più grande, seppur sempre legato alla volontà di Sorey di omaggiare la tradizione del jazz. (Un indizio in tal senso si poteva già cogliere nel fatto che Sorey, parlando di Mesmerism a ridosso della sua pubblicazione, avesse menzionato un «intense desire to record some of my favorite songs from the Great American Songbook», seppur il disco contenesse un solo vero e proprio standard, i.e., Autumn Leaves.) È un album che si muove comunque con una certa continuità rispetto al suo recentissimo predecessore, come certificato dalla formazione che comprende di nuovo il pianista Aaron Diehl e dal fatto che nessuno dei pezzi sia originale: nell’arco dei tre dischi di questo set, si spazia da Night and Day di Cole Porter ad Ask Me Now di Thelonious Monk, da Out of Nowhere di Johnny Green a Jitterbug Waltz di Fats Waller, da Chelsea Bridge di Billy Strayhorn a Solar di Miles Davis. Tuttavia, The Off-Off Broadway Guide to Synergism rifugge la limpidità anemica sinceramente un po’ stucchevole che caratterizzava Mesmerism, lanciandosi con coraggio verso uno stile di post-bop più nerboruto; le lunghissime performance che scaturiscono da questi standard, che spesso valicano i dieci minuti di durata, sfilacciano e sgretolano il materiale tematico originale, rifrangendolo come attraverso tanti frammenti provenienti dallo stesso specchio.
Dichiaratamente, questo approccio fortemente sui generis è stato ispirato da quel modern classic del jazz suonato dal vivo che è Banned in New York di Greg Osby, tant’è che quest’ultimo è stato contattato appositamente per affiancare il trio di Sorey durante questi concerti al Jazz Gallery di New York. Ed effettivamente, il materiale tradizionale di The Off-Off Broadway Guide to Synergism viene manipolato con la stessa elasticità, ma anche con lo stesso rispetto e amore: sentite come nella eterea rivisitazione di Chelsea Bridge sul primo disco il pianoforte di Diehl si fa quasi impressionista per sostenere il fraseggio di Osby mentre si cala nei panni di un novello Ben Webster, cogliendo appieno lo spirito del brano originale; o come ancora il sax si riappropria della melodia di organo Hammond di Jitterbug Waltz per impostare un umore più frenetico e frizzante, degno del quartetto classico di Coltrane (complici delle prove semplicemente sublimi sia di Diehl che di Sorey come supporto ritmico); o come in una delle interpretazioni più fedeli, vale a dire Out of Nowhere sul secondo disco, il quartetto tiri fuori dal cilindro lo sghembo duetto tra le ubriache linee di basso di Russell Hall e i ritmi astratti della batteria di Sorey. Quando poi il pezzo di partenza proviene da epoche più moderne il quartetto ha la possibilità di esplorare con maggior sicumera territori che, pur muovendosi in continuazione tra in & out, hanno più di un punto di contatto con quel tipo di poderoso neo-bop mainstream di derivazione marsalis-iana – e sia chiaro che, per chi scrive, un commento del genere non ha alcuna accezione negativa a priori. A tal proposito, si ascolti la Contemplation di McCoy Tyner (1967) che appare sul terzo cd, o le due versioni di Mob Job di Ornette Coleman (1986) che affiorano nei primi due, o perfino Ashes, scritta da Andrew Hill nel 1999, e ancora Please Stand By di Osby stesso.
Insomma, The Off-Off Broadway Guide to Synergism è un disco notevole, che per quanto riprenda idealmente la missione di Mesmerism sembra voler piuttosto tornare con lo spirito a un’altra registrazione monolitica di post-bop più “ordinario” firmata da Sorey qualche anno fa – mi riferisco all’altrettanto bello Unfiltered, uscito nel 2020. Per questo, in generale sarei contento di leggere il plauso riservato a un lavoro del genere da mezza stampa virtuale e non: se avete bazzicato un minimo le classifiche di siti più jazz-oriented avrete avuto modo di trovarlo citato qua e là come una delle uscite più grosse dell’anno – è apparso nelle classifiche del 2022 redatte da PopMatters e da Nate Chinen, ha ricevuto recensioni estasiate da DownBeat e ha ricevuto pure il plauso di The Quietus nella sua selezione del jazz di novembre, per menzionarne solo qualcuna. D’altra parte, però, appare straniante che un album che si colloca appieno nel filone del neo-bop mainstream, fatto di standard, cover e rivisitazioni di brani tradizionali, che solitamente viene visto con snobistica sufficienza quando non accusato esplicitamente di passatismo, sia stato tanto acclamato: il sospetto che questo plauso sia da attribuire al nome in copertina, che rende obiettivamente il tutto molto più à la page, è forte. Per questo vi ammonisco: ascoltatelo pure, ma se vi piace ricordate che musica suonata con altrettanta competenza e professionalità viene registrata e pubblicata in grosse quantità ogni anno. E più che come critica all’opera di Sorey, questo monito va inteso come un invito a dare una chance a tanto jazz che la critica bolla aprioristicamente come obsoleto, ma che non ha niente da invidiare a The Off-Off Broadway Guide to Synergism.