MABE FRATTI – SENTIR QUE NO SABES

Unheard of Hope

2024

Art Pop

La memoria crea delle aspettative strane. Sulla fine del 2021 ero stato folgorato dalla musica di Mabe Fratti: avevo consumato per giorni e giorni Será que ahora podremos entendernos, che tuttora considero un disco di art pop incredibile, affascinato dalle sue atmosfere eteree e dal timbro della violoncellista guatemalteca, ed era stato quasi troppo facile per me elogiarne i meriti nella nostra classifica annuale.

Nel 2023, un anno dopo l’altrettanto buono Se ve desde aquí, avevo avuto modo di assistere a un concerto di Fratti in occasione del Beaches Brew di quell’estate (dove tra l’altro, nella stessa serata, avevo ascoltato anche i Lankum); è qui che il mio paradigma della sua musica era stato completamente stravolto.

Fratti si era presentata, in quell’occasione, accompagnata al suo violoncello da un quartetto composto da chitarra elettrica, sassofono e batteria: la musica, in studio così sfuggente e nebulosa, con questa formazione si accompagnava di una matericità tale da trasformare il pulviscolo cristallino di Aire in una processione spaccacollo “da fare invidia ai Candlemass”, per citare il me stesso di un anno fa. Inutile dire che, all’epoca, ero inverosimilmente gasato da questa nuova direzione di Fratti: la sua abilità compositiva poteva ora caricarsi di nuovi sbocchi, approcci creativi che potevano rappresentare soluzioni al peccato di omogeneità della sua produzione.

Eccoci quindi arrivati all’inizio dell’estate 2024, con l’annuncio di Sentir que no sabes, pubblicato come i precedenti LP dalla Unheard of Hope: internamente alla redazione rimbalzano i soliti commenti che si fanno durante l’ascolto, positivi anche dai più scettici a questo tipo di sensibilità. Eppure non mi getto immediatamente sul disco. Forse è perché gli voglio concedere un po’ di tempo, forse è perché sono intimorito dal BNM di Pitchfork e dal profilo comparso nel New York Times, o forse è solamente perché negli ultimi mesi ho trovato veramente poco tempo per sedermi davanti al PC con le cuffie e godermi un disco dall’inizio alla fine. Fatto sta che ascolto Sentir que no sabes solamente qualche giorno fa, e subito mi rendo conto che bisogna scriverne.

Non ve lo nascondo: il primo ascolto mi ha deluso in maniera abbastanza cocente. Mi aspettavo l’atmosfera terrena del live dell’anno scorso, composizioni che permettessero interazioni tra gli strumenti meno spolpate all’osso; invece ecco che la penna di Héctor Tosta, che già aveva collaborato con Fratti su Se ve desde aquí e nel progetto Titanic lo scorso anno, sembrava lavorare ancora una volta per sottrazione. Chiaro, è impossibile arginare una scrittura così pronta a esplodere in ogni direzione: anche al primo ascolto brani come Enfrente, con la sua coda simil-drum ‘n’ bass, rivelavano la loro natura più affine a quell’esperienza live che adesso suonava così vicina eppure così lontana.

Un proposito che mi sono auto-imposto per quest’anno è stato quello di dare più tempo ai dischi che ascolto prima di fissare un giudizio, ascoltandoli in altre situazioni, lasciandoli macerare a volte per giorni per essere sicuro di aver iniziato a capirli. Era ovvio che Sentir que no sabes avrebbe subito questa sorte: ogni successivo riascolto mi lasciava piacevolmente confuso. Un dettaglio non notato, uno strumento che all’orecchio vergine spariva e che adesso acquisiva una rilevanza inaspettata, sezioni che si incastravano e brani che risplendevano in virtù dei loro contrasti. I cori su Intento fallido erano forse inudibili la prima volta? E la tromba di Jacob Wick era sempre stata così camaleontica, addirittura hasselliana a tratti? Come mai la batteria su Angel nuevo non mi aveva fatto drizzare le orecchie? Era solo colpa della mia voglia di cercare qualcosa che non avrei trovato? Perché avrei dovuto precludermi il piacere di ascoltare un disco di una delle più eccitanti, nuove cantautrici che sembrano spuntate rigogliose in un genere sempre più arido (sto guardando te, Julia Holter) come un fiore tra l’asfalto?

In definitiva, Sentir que no sabes non è esente da difetti: certi intermezzi hanno un sapore dimenticabile, ed è pur sempre vero che la scrittura di Fratti è essenzialmente rimasta la stessa del suo primo LP cinque anni fa. Il disco, però, riesce ad adornare le sonorità che fanno da cardine ai brani di elementi nuovi e intriganti, e la straordinaria penna dell’autrice fa il resto. Chissà che, dandogli ancora più tempo, non riesca a rapirmi e a donarmi nuovi regali che me lo facciano apprezzare ancora di più: ninnoli distribuiti senza urgenza e che rivelino la cura e il pensiero che si nasconde dietro di essi. Peccato solo che per il regalo più grande, il disco di Mabe Fratti che continuo a sognare, dovrò evidentemente aspettare un altro po’. Maledetta memoria.

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Jacopo Norcini Pala
Jacopo Norcini Pala