CONTAINER BELLO

FINALMENTE UN GRANDE DISCO DEI LITURGY

LITURGY – 93696

Thrill Jockey

2023

Black Metal

Quando nel 2011 Aesthetica era iniziato ad apparire tra le “gemme da recuperare” dei grandi ascoltatori metal, non mi ero lasciato convincere. Il metal dei Liturgy sembrava troppo confusionario, parassitario di troppe scene e generi per non suonare come un’accozzaglia di note senza nessuna direzione; e fu per questo che non pensai nemmeno lontanamente ad ascoltarlo. Con l’uscita di The Ark Work, quattro anni più tardi, decisi di dare finalmente retta a chi osannava questo disco come il nuovo capitolo di una esaltante, rivoluzionaria realtà metal capace di stravolgere completamente il genere per come tutti quanti l’avevamo sempre pensato. Inutile dire che fui particolarmente deluso, se non addirittura offeso: ricordo ancora distintamente l’indignazione provata nel sentire le campanelle simil-Jingle Bells che riempivano il comparto ritmico di Quetzalcoatl, e decisi di rimettere i Liturgy nel cassetto fino a data da destinarsi. Anche con H.A.Q.Q., l’album autoprodotto rilasciato quattro anni fa, non potevo dirmi pienamente convinto: quel senso di ricerca disperata di una voce unica e un’originalità a tutti i costi a volte sembravano strabordare in dilungazioni poco convincenti, in momenti che non suonavano veramente come avanguardistici pur vestendosi di quella maschera.

I Liturgy, però, non sono solo gli album che producono: d’altronde, il motivo per cui erano saliti alla ribalta all’epoca dei loro esordi non era tanto la qualità dei loro dischi quanto le loro dichiarazioni stralunate, come ad esempio il manifesto del black metal trascendentale che avevano pubblicato e che era stato ricevuto con un certo astio da tutta la comunità di appassionati. La mente dietro il progetto, Haela Ravenna Hunt-Hendrix, ha pubblicato un (terribile) album di musica elettronica nel 2016 e ha fatto coming out come transgender nel 2020, mentre continua in parallelo la propria attività di youtuber, dove disquisisce approfonditamente di temi religiosi; i Liturgy hanno inoltre prodotto, sempre nel 2020, Origin of the Alimonies, un’opera che ricombina persino un peso massimo come Olivier Messiaen all’interno del paradigma metal. Eppure, nonostante questa creatività dirompente e rizomatica, niente di tutto quello che HHH e compagni mi avevano offerto da ascoltare mi aveva fatto urlare al miracolo. O almeno, fino ad ora.

93696, il nuovo doppio disco della band uscito poco più di una settimana fa sotto Thrill Jockey, continua nel solco del black metal trascendentale che i Liturgy si sono imposti di seguire fin dal primo momento della loro discografia. Anche con tutte le sue ciance metafisiche ed escatologiche, è impossibile non lasciarsi cadere la mascella quando l’apertura del disco, il delicato esercizio corale di Daily Bread, lascia il passo all’assalto furioso di Djennaration. Immediatamente veniamo investiti da una batteria perpetuamente in mutazione tra start-and-stop e blast beat forsennati, mentre la chitarra di Hunt-Hendrix si erge sopra una torre di synth orchestrali e percussioni tintinnanti. Quando il primo scream irrompe selvaggiamente nello spazio sonoro, la sensazione di disorientamento si fa sempre più eccitante: quale altra band metal accentuerebbe l’ingresso della propria voce con un tappeto di flauti, per poi discendere in un intermezzo elettronico che richiama gli overworld themes dei titoli per SNES? E quale altra band saprebbe togliersi così facilmente d’impiccio dalla deviazione descritta qui sopra, per ritornare immediatamente a vandalizzare le orecchie dell’ascoltatore con le sue furiose sfuriate?

La bellezza di 93696, però, non sta ovviamente soltanto nel mix di stili su un singolo pezzo: quello che colpisce è come queste continue compenetrazioni si riaffaccino all’interno delle composizioni in maniera totalmente organica, come se questo fosse il modo più normale di scrivere un disco black metal. Se mettete su Ananon, distante quasi mezz’ora da Djennaration, tornerete a sentire le stesse caratteristiche che rendevano così allucinante quell’attacco: adesso l’intera traccia glitcha, il suo impeto burrascoso trasformato da una ripetizione ossessiva in un errore nella macchina; adesso fanno capolino, qua e là tra i momenti del disco, ocarine, pianoforti elettrici, archi, intermezzi corali, dulcimer; adesso il tremolo picking di scuola scandinava, grottescamente trasformato nel tono da un tuning anticonvenzionale, si accartoccia in un riff che non sfigurerebbe in un disco dei migliori Converge. 93696 è un’esperienza totalizzante ma, grazie all’uso sapiente degli intermezzi e dei suoi numeri più brevi, non risulta mai stancante; al punto da permettersi, nel suo secondo disco, due mostruosi tour de force come la title-track e Antigone II, brani dal minutaggio olimpico che cavalcano su rallentamenti death-doom, figure armoniche non troppo lontane dal pantheon vichingo degli ultimi Bathory, svolazzi di elettronica eterea e un’incessante voglia di rimescolare le carte in tavola per non lasciare alcun riferimento. Le interviste rilasciate da Hunt-Hendrix dimostrano come lei stessa non voglia rinchiudere i Liturgy all’interno della definizione a compartimenti stagni di “band black metal”: se le mutazioni sonore del suo gruppo riusciranno spingersi ancora una volta oltre quello che ad oggi è uno dei migliori dischi di quest’anno, forse dovremmo iniziare a darle retta.

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Jacopo Norcini Pala
Jacopo Norcini Pala