Identity will not save you
Ho sempre avuto una spiccata e fantasiosa vita interiore. Oggi questa è tutta impegnata nel cabotaggio di immagini mentali strategiche, poetiche, che mi servano a veicolare le emozioni, risolvere i conflitti, mantecare i pensieri in una serie costante di introspezioni – chi è abituato a stare da solo riuscirà senza troppa difficoltà a capire di cosa parlo, chi non lo è non capirà mai. Quando ero piccolo non avevo nessuna mappa mentale da seguire, nessuna rotta e nessuna rivelazione da attendere né da ricercare, ma avevo una sovrabbondanza di interiorità e di introspezione che era impossibile desaturare e che non tutti i miei amici riuscivano a capire; forse c’è chi inventa e tramanda giochi con una memetica sociale leggera, qualcosa da condividere in due, tre, cinque, durante la noia (“Ce l’hai”, “Teschio”, “Macchina gialla”) e c’è chi si imbarca in questa avventura da solo, senza compagni e senza direzioni.
“Alessandro, ma perché stai camminando da due ore e mezza attorno al tavolo senza dire né fare niente?”
“Sto pensando.”
Stavo pensando ad una serie di avventure, storie d’amore, guerre e amicizie di una scuderia di personaggi inventati che non esistevano se non nella mia mente: è andata avanti così per anni, ancora non avevo modo di trasporre queste cose su carta e comunque la forza espressiva di un bambino di nove o dieci anni non avrebbe portato a nulla di buono. Però non credo di aver avuto mai nulla di meglio, nella mia testa. Intendo. Il sentimento effervescente di avere in mano le redini di una storia che nessuno leggerà, che nessuno giudicherà, che puoi concederti di lasciare andare dove più ti pare, nei luoghi più imbarazzanti o mediocri del tuo cervello. Lasciare maritare un personaggio di un anime con quello di un videogioco, costruire alter ego su alter ego miei e dei miei amici, farli combattere l’uno a fianco all’altro, farli scontrare, dialogare. Imprese e grigliate, un’epopea orizzontale senza obiettivo, un rash psichico di rule of cool senza alcun tipo di credibilità. Che schifo, ma che bello. Con gli anni di tutto ciò è rimasto solo un ricordo diafano che non si nota nemmeno in controluce, sono grande e perdere così il mio tempo sarebbe una cosa troppo cretina. Nessuno lo fa più, no?
Hello! My name is Emma. I was born on May 22, 1988, and I live in Hamilton, Ontario. I’ve been working independently as a musician for over a decade (est. 2007!) and am a deeply passionate hobbyist when it comes to anything I have an even remote interest in. I was born male, but I don’t really identify that way. I may even be a woman these days. I’m not too sure, though, and embrace the chaotic nature of my identity.
Up until pretty recently, I’ve felt like a bit of a withdrawn person emotionally, only really expressing happiness and frustration to others – something that stopped me from connecting meaningfully for a long time. I’m still not perfect when it comes to socializing, but I’ve been learning a lot, whether it be through my own introspection, through therapy and a medication regimen for my depression and anxiety, or with friends. I look forward to continuing to grow, explore, and learn, and that’s a big part of why I decided to make a personal page at all.
PLURR, msx
Se siete su internet da un po’ potreste ricordarvi di alcuni fenomeni videomusicali di un’era passata taggati Renard, una volpe antropomorfa che ha raggiunto alte vette di notorietà web con alcune sensation breakcore molto memate in ambienti come 4chan, t0r, la youtube degli albori. Se siete anziani e avete una storia di sfiga inenarrabile è facile che riascoltare Intensive Care Unit, Banned Forever oppure Sinisterrrr possa riportarvi a reminiscenze di una vita un po’ peggiore di quella che conducete adesso. A partire da quel punto l’internauta era davanti a una scelta: salvare tra i preferiti il video con la volpe che canta BECAUSE MAYBEEEEEEE e tornare a giocare a Metin 2, oppure indagare su cosa stava succedendo, scoprire cosa altro c’era, approfondire la pagina di questa etichetta discografica che si chiamava VulpVIBE Records?
Lasciamo i noiosi a grindare nelle terre dell’mmorpg sudcoreano e immedesimiamoci nei poveracci che avevano sbloccato una curiosità per questa volpe un po’ inquietante vestita da infermiera. Apriamo il catalogo VulpVIBE e ci troviamo davanti a uno spettacolo ancora più inquietante, ma variopinto. L’etichetta a quanto pare produce artisti e artiste che fanno diversi tipi di musica elettronica, tutti quanti con la stessa caratteristica: sono furry, animali antropomorfi, a volte fortemente sessualizzati, altre volte carucci come dei ragazzini preadolescenti. Qualcuno ha deciso di pubblicare musica electro sotto moniker di Mayhem e con la fursona di uno squalo dagli appuntiti caratteri femminili, qualcun altro fa chiptune e si chiama Kitsune², un lab rat in t-shirt che agguanta cassette di gameboy. Qualcuno si è speso in una mezza dozzina di dischi happy hardcore con la stessa fursona, ma cambiandone il nome da un anno all’altro: prima Emoticon, poi Furries in a Blender. Qualcuno remixava brani di musica classica, qualcuno faceva dark ambient, qualcuno ancora seguiva i passi di Skrillex improvvisando una pessima brostep; i dischi uscivano in continuazione da VulpVIBE, forse stiamo parlando di un album ogni dieci giorni. A volte questi artisti collaboravano tra di loro, creando supergruppi, replicando featuring, remixandosi le tracce a vicenda e collaborando su singoli ed EP: una El Dorado di musica con l’ADHD da suonare alle convention furry dove chissà che cazzo succede e non lo voglio sapere. Vagando nelle sale surreali della VulpVIBE si avverte chiaramente che qualcosa è fuori fuoco da alcuni piccoli indizi: questi avatar furry appaiono leggermente diversi in ogni disco, alcuni di questi sono un po’ … strani, delle caricature dello stesso Renard al quale ci siamo agganciati per arrivare qui in fondo: NegaRen, Adraen, Poochyepolip. Basta tornare con i piedi per terra e leggere la descrizione della pagina bandcamp dell’etichetta per capire che cosa sta succedendo: VulpVIBE non mette sotto contratto tutti gli artisti di musica furry degli stati uniti. VulpVIBE, incarnata in Renard, Mayhem, Kitsune², Emoticon, Klippa, NegaRen – e compagnia suonante – è una persona sola: rilascia una quantità industriale di musica costruendo break e campionando ogni giorno della sua vita, si fa aiutare dalle community di furry artist per le cover dei dischi e per la sua schizofrenica e incontrollata creatività sta diventando famosa ben oltre i limiti della sua cameretta in Ontario.
Emma Essex (formerly known as Ren Queenston and Renard Queenston, among many other pseudonyms) is a Canadian electronic music producer, graphic designer and game developer. She is the founder of the ‘record label’ Halley Labs / LapFox Trax (previously known as VULPvibe Records) under which she produces all her music. She is also the co-founder of PSURG Design. She lives in Hamilton, Ontario, Canada, where she works from home. Not to be confused with her fursona of the same name.
Tutto quello di cui vi parlo oggi è un enorme universo di musica mediocre e fascinosa in continua espansione, che si distende in una radura di tre etichette, più di cento alias diversi, più di trecento pubblicazioni musicali, un mondo di gif, artwork, videogiochi, pagine web ispirate all’estetica degli anni ‘90, wiki dedicate, subreddit, canali youtube, roba ritirata dal mercato delle idee perché nazista, nsfw, semplicemente imbarazzante. Tutto quello di cui vi parlo oggi è anche frutto della mente di una sola persona, si chiama Emma Essex (o MSX), e la invidio sinceramente.
Come get some
Le pubblicazioni di Emma si dividono in tre epoche auree che possono a tentoni essere definite a partire dalle etichette fasulle con cui la producer ha pubblicato la sua vagonata di dischi nel largo lasso di tempo che va dai tardi Noughties fino ad oggi: l’era VulpVIBE Records, l’era Lapfox Trax e l’era Halley Labs. Nel periodo dal 2007 al 2009 la maggior parte dei lavori degli alias di Emma si è mossa firmando sotto il primo di questi tre ombrelli: le tune sono riconoscibili da alcuni elementi ricorrenti, che rendono molto semplice identificare un VulpVIBE sound. I punti alla base sono molto concreti: una predilezione molto spiccata per breakcore ed electroclash, un sovrautilizzo di campionamenti increspati, tagliati con l’accetta, una costante linearità nelle invenzioni musicali, molto poco stratificate e molto melodiche, piene di Amen break e skit da quattro soldi. Il VulpVIBE sound, soprattutto nei Noughties, è stato responsabile della nascita di alcuni dei banger più intensi di Emma (Eggs, Sinisterrrr, Goodnight), ma è anche molto limitato alla ricerca dell’hook perfetto, della melodia da innesto, tutto intento a schivare la complessità tanto della produzione quanto della composizione e della struttura del pezzo.
Un po’ meglio da questo punto di vista l’era Lapfox (2009-2015), periodo in cui il lavoro di Essex si è concentrato sulla rimanipolazione, destrutturazione e arricchimento del suo soundset di base e di tutte quelle hit che hanno fatto la sua fortuna nel triennio precedente. Lapfox è stata una celebrazione dell’infinito lavoro di tutto il roster ex VulpVIBE, allo stesso tempo ne è una parodia: sotto la label troviamo sia tutte le uscite di Best Of delle creature più famose uscite dall’epoca precedente, sia le onnicomprensive compilation On Trax (ce ne sono otto in tutto) che uniscono, deviano e remixano tutti i singoloni delle due etichette. Oltre a queste due anime si trovano anche degli album scherzo e cazzate da due soldi fatte per riportare molti di questi avatar con i piedi per terra, primo su tutti l’adamitico Renard, sotto il cui nick sono usciti dischi idioti come A PICTURE OF FINN FARTING e FULL TECHNO JACKASS, tutti presi a scomporre e disarticolare il personaggio. Dal 2015/2016 in poi Emma diventa molto più consapevole della sua sfera di influenza web, discute molto della sua identità e della sua appartenenza artistica, si interessa molto di più alla politica contemporanea oltre che alle sue ossessioni e conosce tante nuove persone e nuove realtà, in parallelo con l’evoluzione del campo culturale di internet e con l’emersione di quella nuova Öffentlichkeit rappresentata dal web 2.0 e dalla sua direzione social. Halley Labs, che prima era il nome dello studio immaginario dove gli avatar sotto Lapfox andavano a registrare i loro dischi, ospita una deflagrazione di nuove possibilità sonore e nuovi tipi di musica, con l’uscita di nuovi alias e soprattutto una continua archiviazione dei vecchi dischi e un ragionevole abbandono di alcune delle fursona che non sono più in linea con le visioni del mondo di Emma. L’archiviazione ha delle ottime motivazioni: nel corso del quindicennio di scrittura della musicista i dischi hanno rappresentato animali sessualizzati e artwork sessisti, alcuni brani parlavano di stupro, uno degli avatar era un pastore tedesco che portava una fascia sul braccio che richiamava la svastica, e così via. È significativo anche il cambio di mascotte su Halley Labs: Emma si libera definitivamente di questa ingombrante eredità volpina-prociona che appare sia su VulpVIBE che su Lapfox e decide di deviare il colpo sul tasso-puzzola Darius e sui suoi break jazzati e prog-fusion.
Ma cosa sto scrivendo?
Comunque.
Sulla wiki di Halley Labs (attualmente tutto il lavoro di Emma, nuovo e vecchio, viene pubblicato e inquadrato all’interno di questa scuderia) è un attimo incappare nella pagina Aliases, che illustra tutti quanti gli artisti immaginari dei Labs con tanto di gallerie di artwork, specie animale o aberrante di appartenenza, generi musicali coperti, uscite per l’etichetta e status attuale della fursona (se è attiva o in pensione). Ovviamente sono citati anche tutti i gruppi e alcune delle collaborazioni immaginate da MSX; sono citati anche i joke aliases, perché immagino che tutti gli altri siano non joke o qualcosa del genere. Abbiamo già citato Renard (uno e trino), Mayhem (dea ghignante dell’electro), Kitsune² (chiptune hero), Emoticon/FIAB (summa degli altri avatar, remixer d’oro, drogato di happy hardcore), ma il catalogo Halley vanta tantissimi altri act, di cui alcuni con più di una decina di uscite all’attivo. Al di là della patina di tech hardcore lo schedario dei Labs ha veramente della merda per tutti i gusti. Se cercate un’esperienza acusmatica di filato dark ambient e sperimentale potete andare ad immergervi in lavori come In Vivo o All of Life’s Mysteries della volpe rossa così come in tutte le uscite targate Aurastys, un Chozo (razza mutuata dall’universo di Metroid) che nel corso degli anni ‘10 ha rappresentato l’anima calma e devota di Lapfox, con dischi come Idea(l(s)) e Rising Ruins che in certi passaggi rassomigliano davvero a b-side delle colonne sonore di Artaria con una spruzzata di IDM. Se siete dei noiser della prima ora potete trovare le vostre note nella discografia saprofita di deuteronomy, un personaggio immaginario arruolato come personificazione e sessualizzazione delle paure più pressanti della sua autrice MSX; è uno degli alias più recenti e di maggior successo di pubblico e critica, del quale vale sicuramente la pena toccare Rabid Battlers Power Struggle, disco che fa a pugni con industrial hip hop e power noise d’essai, di cui parlerò più avanti. Il già citato Darius, mascotte dei Labs, è probabilmente una delle fursona con le quali Emma sfoga al meglio la sua creatività multiforme: già nel suo debutto ERGOSPHERE vomitava dei beats di progressive electronics dal retrogusto berlinese e kraftwerkiano che davano una patina di complessità molto matura per il contesto Lapfox. Se la serietà non fa per voi invece potete perdere il vostro tempo prezioso ad ascoltare il mashcore di Truxton, un segugio quattrocchi (alessandro…) che investe tutti quanti i suoi campionamenti tra Jackson 5, Justice, Beck, Donkey Kong, Devo, balli di gruppo e chi più ne ha più ne metta. È possibile ammirare – vagamente disgustati – il suo lavoro nell’album del 2012 Hellhound, che ha avuto un grande successo nella youtube dell’epoca. Più particolare e tragica è stata la parabola di Klippa, una lucertola cornuta che ha originato nei primi anni di VulpVIBE con una serie di dischi dubstep/brostep veramente da pezzo di merda e che sotto il roster Halley ha cambiato completamente indirizzo dedicandosi a una mistura di 2-step e downtempo che trova in So la sua obiettiva coronazione. Se volete farvi del male, invece, i dischi di The Quick Brown Fox o TQBF sono una caponata di speedcore molto molesto, per niente divertente e assolutamente segante per i timpani di chiunque. Il suo disco più famoso è probabilmente SPEEDKORE 4 KIDS!, una bomba a grappolo di epoca VulpVIBE, che picchia e grattugia a centinaia e centinaia di bpm senza una sostanziale continuità o progetto di fondo. Se avete la pazienza di andare a scavare nella vita interiore di Emma e schivare gli alias più di successo c’è veramente qualsiasi cosa: la drum ‘n’ bass rabbiosa di Adraen e la gabber metallica di Azrael; i break giappo-schizoidi di BANDETTO e la house roboante e giocosa delle D-Mode-D; il NECROCRUNK di Eugene e il glitch-ambient di Hyi; l’EDM Jungle/hardcore di Jackal Queenston e la minimal techno degli OOPARTS; la digital hardcore di Kitcaliber e la psytrance di ampie vedute di Rotteen. Non siamo nemmeno a metà e mi sono stancato tre righe fa.
L’era Halley è sicuramente il periodo più coscienzioso e criticamente acclamato delle discografie di Emma, un balzo al di fuori del furdom, dei remixini e della droga a buon mercato. C’è un punto di continuità molto importante in ogni incarnazione della musica di Emma che però non riesce proprio a mollare, tutto sommato per nostra fortuna: un senso di retrofuturismo, di tensione tra un passato digitale a 56k e un futuro cosmico, animalesco e freeform di cui il rito di passaggio tra VulpVIBE, Lapfox, Halley e il rimpallo continuo tra diversi avatar e diversi generi musicali sono solo dei meccanismi di sublimazione. MSX vive in un universo a metà strada tra gli anni ‘90 del 1900 e gli anni ‘90 del 4900 – e non è solo la sua musica espatriata e perduta che manifesta questa condizione.
ASTROANTEDILUVIAN
Hello traveling netizen! Welcome to my homepage. Enjoy your stay.
Provate a farvi un giro in zona https://heckscaper.com/main.html. L’homepage di tutte le attività di Emma Essex è un paradiso di CSS art, gif e colori a 16 bit ottimizzato per desktop (come ai vecchi tempi), molto pesante sulle animazioni e molto affezionato alla pixel art – ovviamente pieno di animali antropomorfi e un po’ meno ovviamente con foto e dettagli sulla persona fisica che c’è dietro alle Halley Labs. È bello notare quanto Emma ci tenga a condividere non solo il suo lavoro ma anche tutti i metodi e le particolarità che ci sono dietro alla scrittura e alla compilazione dei sample, tutto molto trasparente, all’aria aperta. Nel menu dedicato alla sua attività musicale è molto facile e immediato trovare tutta la sua collezione di campionamenti comodamente scaricabile ad alta qualità e anche tutti gli strumenti e le virtual machine che ha usato negli anni per comporre la musica sotto decine e decine di alias diversi: se siete dei producer potete prendere immediatamente contatto con gli stessi plugin usati nel mondo Lapfox, dal super-hardcore kick synth Ouch! all’harsh noise synth Great Wall. Ad andare ancora più a fondo nella homepage la vita quotidiana di Emma, che appariva un mistero sepolto dietro tonnellate di pelo e musica, comincia a costellarsi di attività, interessi e lavori – divisi in secondary, tertiary, e other. Sotto moniker Mulengine è nascosto un archivio di videogiochi sviluppati con Clickteam e Klik & Play nell’ultimo ventennio, di cui la maggior parte incompiuti e accessibili su itch.io: anche per il videogame development MSX si è focalizzata sull’uso, riuso, abuso di texture, modelli, e idee da materiale degli anni ‘90 degli anni ‘00 (c’è un tentativo di beat em up basato sul materiale di Silent Hill e Splatterhouse, uno shooter old school che tra i personaggi ha Mayhem e si chiama Shark Attack, un STG-platformer che è anche un gigantesco mashup di materiale non originale, attualmente in beta…). E in questa pagina non è neanche menzionata tutta la serie di Mungyodance, un folle reboot di Stepmania caricato delle fursona di MSX e di tracce elettroniche non convenzionali (hardcore breaks, gabber e tutta la palette di generi di VulpVIBE). È tenuto in gran conto invece un gigantesco database (trentotto pagine) di step charts da giocare su Stepmania – ognuna con una sua grafica, un suo artwork, una sua serie di riferimento. Emma ha anche costruito un’intera pagina dedicata a DOOM, al suo modding ed editing, un simulatore di Beatmania costruito direttamente sul client e una ampia – ampia – selezione di soundtrack di videogiochi (per lo più dagli anni ‘90) rimasterizzate e ricostruite dall’hardware originale, si va da Contra e Super Mario Maker fino a gemme più nascoste come PARANOIA e Amazing Island. Ma forse è l’ultima sezione quella più affascinante, la spazzatura indifferenziata creativa di una mente così pulsante e proteiforme: un generico The Rest in cui è possibile spianarsi in faccia dei character sheet di alcuni alias di Emma (la sua fursona omonima, deuteronomy, nitro, janesaw e rhode) che sono dei diorama di pessimo e allo stesso tempo meraviglioso web design, singole pagine coloratissime, animate, sincretiste che raccontano la storia e i dettagli degli avatar, dalla spiegazione della consistenza della pelliccia a dei remix di The End of Evangelion con la loro faccia, da gif punchy e adrenaliniche di mosse di danza ad art gallery di contributori esterni assolutamente nsfw. Poco sotto i character sheet troviamo una marea di strumenti digitali che vanno da decine di campionamenti hackati dalle ROM dei videogiochi posseduti in concreto da Emma fino a… qualsiasi altra cosa. Piccoli software per scriptare file di testo, template di photoshop per la creazione di avatar, brush e pattern per costruire design digitali-acidi, script in PHP, tool per la simulazione di rhythm game, una decina di freeware di quart’ordine che usa nel suo lavoro di tutti i giorni, raccolte e gallery di immagini di vecchi videogiochi e sette pagine di rom oscure per PSX con recensioni, generi e commenti.
Di tutta questa caterva di materiale presente nell’homepage di Emma Essex colpisce soprattutto l’incredibile senso e non-senso estetico, reminiscente di un’epoca in cui la UX/UI target era più simile ad un elaborato campo giochi di RollerCoaster Tycoon che a una pagina corporate con i bottonazzi di bootstrap e una noiosa palette tricromatica pagata quattromila euro ad un consultant. Tutta l’hobbystica di MSX è, più che una dichiarazione d’amore nei confronti di un’epoca del web perduta, la sua naturale e insieme cancerosa evoluzione, quasi a raccontare di una dolce ucronia in cui il capitalismo non è riuscito a mettere le sue grinfie sullo strumento di internet – possibilità esplorata anche nei mezzi che l’artista usa per sostentarsi e per creare: due kappa dai seguaci di patreon che vogliono i lavori più di nicchia e poi tutto il resto condiviso nella rete, tutto quanto open source, tutto quanto fuori copyright, con tanto di sezione HALLEY 𝑺𝒕𝒓𝒆𝒂𝒎𝑺𝒂𝒇𝒆 DATA all’interno delle liner notes di ogni disco, che informano gli internauti di quali brani rischiano di essere strikeati se vengono condivisi su piattaforme come youtube o tiktok. La vita interiore di Emma si è trasformata nel corso dei decenni da modalità di espressione di una persona insicura e al limite dell’hikikomori a mezzo comunitario per conoscere persone, stringere rapporti, farsi quattro risate, fino ad oggi, in cui la struttura Halley Labs è così schiacciante da necessitare di continue potature, ricostruzioni, rivalutazioni, alla luce di una consapevolezza molto più importante dipinta da MSX in quelli che da fuori appaiono come anni e anni di questioning di tutto quanto: sessualità, relazioni, appartenenza, politica, passioni, creatività, generi, estetiche. Il fatto che sia tutto quanto alla luce del sole rende il processo che passa dalla prima incarnazione di Renard fino all’attuale multiverso Halley tremendamente – tremendamente – interessante, per quanto bizzarro, grottesco e stridente. Non sono l’unico ad essere disceso nel fondale del maelstrom, anzi.
Conquering Monsteropolis
Lungi dal passare inosservato sia nei fandom dedicati alle comunità furry che più in generale nell’intersfera che navighiamo quotidianamente, il lavoro di Emma ha tuttora una folta schiera di seguaci. Per scrivere questo articolo non è stato difficile interfacciarsi con un po’ di materiale originale da cui pescare per la storia delle etichette, degli alias e della vita della producer di Hamilton. C’è una wiki dedicata ad Halley Labs sulla quale è possibile informarsi sulle tempistiche di pubblicazione, le razze degli alter ego di Emma, il background e la storia che c’è dietro alle release dell’etichetta – e una parziale ma utile lista di trivia e reference relativi ai dischi, alle singole tracce e alle loro parabole. Per ognuno degli avatar di MSX c’è anche una folta galleria di fanart, disegni, artwork dedicate ai singoli artisti. Ancora meglio della wiki è il subreddit intitolato alla Lapfox Trax, che conta cinque migliaia di seguaci e post con cadenza quotidiana che vanno dai meme alle fanart fino alle fanfiction dure e pure che immaginano la vita degli artisti che hanno firmato per Halley Labs, con tanto di ship preferite dalla platea e costanti manipolazioni audiovisive del materiale già poco originale pubblicato da Emma. Vi consiglio vivamente di farvi un giro sui top posts del canale per rimanere confusi almeno la metà di quanto sono rimasto confuso io. Tipo: perché ci tengono tanto a far interagire Peter Griffin con le fursona di epoca VulpVIBE?
Bah.
Comunque vale la pena anche citare il Patreon di Emma, in cui ci sono quasi un migliaio di contenuti esclusivi per i fan che decidono di sostenerne gli sforzi creativi, che vanno dalle pre-release e della versioni beta dei dischi alle modifiche fatte alla virtual machine, dai frequenti update sulla vita privata di Emma ai sample pack ancora inutilizzati o in pensione. Nonostante lo sbarco su patreon la filosofia alla base del lavoro di Emma Essex rimane quella di una no-copy nel cuore, ed è dolce constatarne la trueness andando a guardare la descrizione del suo canale per abbonati:
i want as much of this to be free for as many people as possible, and that can only happen with the support of those who are able to. the tiers are pretty simple as a result, since i don’t want to paywall what i do, as i don’t necessarily agree with the concept of bogarting culture/ideas/etc when digital information exists post-scarcity. creating things for myself and the internet is my full-time occupation, and it is thanks to Patreon support, that i am able to continue doing what i’m doing and offer almost all of it to everybody. thanks so much for considering supporting my work. lots of love, and take care ♥
La più grande fanbase di Emma rimane però sulle piattaforme su cui si è fatta le ossa nel corso degli anni: il canale youtube di Halley Labs da solo conta quasi 100.000 iscritti e i sostenitori di bandcamp sono… tanti. Centinaia per ogni uscita, numeri che per un’artista indipendente sono tipicamente irraggiungibili, una valanga di complimenti, amore e apprezzamento per la stakanovista dei break. Distanti dalla nostra quotidianità ci sono migliaia di persone che sognano lo stesso sogno di una ragazza timida e immaginifica. Voglio provare a darvi la chiave per incrociarvi in questo percorso. Sinceramente potete anche buttarla, ma penso che il colore valga il tentativo.
The best! The best!
I dischi usciti sotto Vulp/Lapfox/Halley sono, come abbiamo già detto, più di 300 – senza considerare singoli, compilation, remix vari – quindi andare ad ascoltare tutto quello che è stato rilasciato negli ultimi anni è un’impresa titanica. Impresa titanica che io, purtroppo, ho sostenuto. Vi racconto al volo di tre dischi per epoca, dai campionamenti squadrati e gelatinosi di VulpVIBE fino alle sferzate di prog electronics di Halley Labs. Prego.
VulpVIBE Records Era
FIAB – Dig. Trax
I’m suffering but I can admit it goes pretty hard.
JustSwift
I dischi di Dig. Trax di Emoticon/Furries in a Blender sono delle release costruite per dare un supporto fisico ad alcune delle prime hit dell’alias, tracce incredibilmente happy, colorate, ripetitive e psichedeliche. Tutta la serie Dig. Trax è una preziosa testimonianza dei primissimi passi di VulpVIBE al di fuori della normale caratterizzazione di Emma come Renard, e i quaranta minuti filati di questo disco fanno la parodia un po’ infantile e impacciata di un rave party. La magia accade però in alcuni dei brani più riusciti, in cui l’impronta chiptune e i break che fanno da cifra stilistica degli altri alter ego di Emoticon arrivano a venare questa immaginaria boiler room da ragazzini. Pezzi come Lick My Plump Fox Nuts (io sul curriculum comunque ho messo che scrivo per Livore) oppure Lumi Astralis spiattellano i sample box dell’universo VulpVIBE con troppa intensità e amore per fare spallucce e guardare dall’altra parte.
Kitsune² – Squaredance
I have a feeling that this album has a special place in internet history.
Joe
La vera punta di diamante degli anni ‘00 è uno dei dischi più esilaranti e giocosi di videogame worship che siano usciti da una cameretta del pianeta terra. Kitsune², lab rat adolescente, è lo specialista della chiptune della scuderia Halley ed è diventato uno dei main avatar sin dal suo debutto su long play I Kind of Really Want to Make Love to You. Squaredance è un disco allucinante, piacevole anche senza il sottotesto di infognatura e ossessione che trasuda tutto questo articolo. I brani si ribaltano uno nell’altro in un gigantesco rave in 16bit e sequencer/tracker, che rumina campionamenti dai più grandi giochi per GBC e GBA trasformandoli in sclerate da club che vanno dall’aggressiva sovrapposizione dei versi dei pokémon in PKMN al dolce bitpop di U R Everything, dalla zuccherina versione del Moon Theme di Duck Tales di Goodnight al biondo e sovrappeso 2/4 di Sun Valley, che campiona i soundfont della SEGA genesis.
NegaRen – Breaking Boundaries
christ this is good
Alex T
NegaRen è un alias che fa da contraltare spooky a Renard e la sua musica è un mix di happy hardcore, speed dance e reggaeton. Fa uscire dischi solo durante Halloween, infatti è una pumpkin fox, e per questo motivo non è esattamente tra gli avatar più prolifici della Halley Labs, ma il suo secondo long play è veramente contagioso, pruriginoso, non ignorabile nel grande disegno di Emma. L’album è del 2009, ma il fatto che l’avatar sia scherzoso e pagliaccio rende molte delle scelte di costruzione dei brani parecchio schizofreniche e interessanti, con picchi di orecchiabilità come Ruv 4 U How U Ruv, Ride the Sky, Busy Busy Busy e Ray che non si recuperano in altri lavori della volpe di Halloween, se non forse in lavori di epoca Halley come BreezeSphere Mk.6. La purezza VulpVIBE unita al senso melodico e ridanciano di NegaRen può rendere facilmente Breaking Boundaries un’ossessione.
Lapfox Trax Era
Renard – Beacuse Maybe!
This is the happiest, most ADHD rave I’ve ever heard and I love it. I mean just damn I’m 11 years late but this is timeless slappage here. 10/10 stuff here, turns out furries can really make some good ass music and I wanna hear more.
Theoretical Physics
Se dovete farvi un’idea su chi sia stata Emma Essex e sulle origini del mito dovete partire da Because Maybe!, probabilmente la raccolta più famosa e completa del principale alias della producer. La turbolenta terrempesta della foxcoon è semplicemente inarrestabile e star dietro ai cambi repentini tra un pezzo e l’altro (e all’interno delle stesse tracce, delle loro sezioni), è un’esperienza psicotica che mitraglia paccate di samples che spaziano da Sonic a Johnny Cash agli Oasis a Sean Paul ai Beastie Boys ai My Chemical Romance. Il disco ha delle versioni assurde delle killer app che hanno sbloccato il successo di tutto il macrouniverso di bestie e tunes (Sinisterrrr, Banned Forever, Team Murder), con il classico abuso di amen break e pop culture che per molte release è la cifra stilistica di Renard. Probabilmente il disco di MSX, scopritelo.
Mayhem – It’s Murder
I personally interpret this album as a sort of “everywhere at the end of time” except it’s the stream of consciousness of someone having a psychotic episode.
Sammy Whiteley
Mayhem come avatar è cafone as fuck, uno squalo ipersessualizzato, regina del celebrità, disc jokey di vita notturna – e la sua musica è ugualmente cafona. Varie tracce del disco risalgono all’ epoca VulpVIBE, e si sente: l’electro house è totalmente orizzontale, superficialissima, ma iconica come lo sono pochi pezzi di dance music. Una batteria di singoloni si infrange in cuffia (o nella convention furry di qualche paragrafo fa, immagino) senza soluzione di continuità, con i loop che si passano il testimone tra un brano e l’altro costruendo una ferrovia di merda buonissima, azzeccosa, infettiva. Basta ascoltare una singola volta brani come Better Day, Rescue, Eggs, Dum Dum Diday per ricordarseli per tutto il resto della propria vita, tra un campionamento di GLaDOS o dei Daft e un drop che spara in cielo delle luminarie di synthpad di scuola eurodance. Sarebbe stupido smettere di passarsi sta roba in vena, e affezionarsi alle melodie di Mayhem ci lascia con dubbi giganteschi su quale sia la musica che vogliamo ascoltare, al di là delle nostre pretese intellettuali – ci piace la merda?
ON TRAX – The Absolute
woag… thats a lot of furries
Bergen Ehrlich
Ok, diciamoci la verità, se volete un vero volo d’uccello su cosa è stata l’esperienza Emma Essex dai tempi di VulpVIBE fino alla tarda Lapfox questo gigantesco mix di uscite (stiamo parlando di due ore e mezza di musica) è obiettivamente quello che fa per voi. Un taglia e cuci delle hit più famose delle fursona di Emma ripreso direttamente da altre raccolte, un sostanziale distillato della storia dell’attuale Halley Labs. Non solo, ON TRAX ha featuring e remix di tanti dei brani più in voga di quegli anni – per esempio c’è una versione in combo Mayhem + Kitsune² di Rescue, un remix fatto da The Quick Brown Fox per un singolone di Kitcaliber, e mi fermo qui perché il fatto che sto parlando di sole cose che non esistono sta cominciando a farmi girare la testa. ON TRAX – The Absolute è una raccolta veramente importante, ci trovate una palette gigantesca di singoli che vanno da skit di pianoforte di Darius fino a dei filamenti di UK garage timbrati da Klippa e Aurastys, passando per i sempiterni deliri nevrastenici all’incrocio tra la techno hardcore, i gameboy, gli Smash Mouth eccetera eccetera. Dovete provarlo.
Halley Labs Era
EUGENE vs DOWNLOAD – RABID BATTLERS POWER STRUGGLE
The energy in this thing is bonkers, and the sounds to match! Absolutely filthy!
Jennydude
Il periodo Halley è sicuramente il più sperimentale e fascinoso della discografia di MSX, e RABID BATTLERS POWER STRUGGLE è una delle anime più violente di questa ricerca del futuro e degli shock factor. Confronto immaginario live tra le due star del noise Eugene e Download (aka deuteronomy), questo disco prende in mano una narrativa da freestyle e lascia scorrere una coreografia di rumorismo e industrial EDM/hip hop di rimbalzi e rimpalli tra due alias diversi che vogliono farsi il culo davanti a una folla adorante. Bisogna arrivare probabilmente a certi live di Pete Swanson o al power noise di Prurient per superare la capacità narrativa del rumore di questo esperimento mentale e sonoro, e un po’ fa specie che la penna che sta dietro all’incisione di questo lavorone sia la stessa che con Truxton si mette a sfottere con lo Yankee Doodle e Black or White. Probabilmente una connotazione del genere non sarebbe stata raggiungibile senza il multiverso degli alias di Halley Labs, e bisogna quindi dar conto di quanto la mera fantasia estrinseca riesca a contribuire al successo espressivo di un’opera d’arte. Ma torniamo alle puzzole/tassi antropomorfi.
Darius – Exuviae
A colorful and complete journey.
SuperFashi
In tutt’altra stanza sonora c’è l’elettronica progressiva di Darius, una mistura dolce e intelligente di space ambient, techno, trance jazzata che ricorda da vicino tanto un mix di city pop degli anni ‘80 quanto una soundtrack di certi videogiochi (sto pensando un po’ a Celeste, un po’ a Hyper Light Drifter o FEZ). Estremamente distante dai beat con gli occhi a palla di Lapfox e VulpVIBE, abbiamo già visto che Darius è il volto di Halley Labs, e Exuviae non tradisce questo cambio di rotta, picofuturistico, a tinte blu, violette e morbide. Le nenie di vocoder di lost beacon la raccontano già per benino, ma è proprio tutto l’album a convogliare un’energia di un certo tipo, rara in un mondo di elettronica che tende a guardare molto in avanti senza preoccuparsi di ciò che è stato in passato. Questa Sehnsucht retrofuturista fa tanto l’effetto di una Autobahn del terzo millennio, nella lanuginosa culla della via lattea. Fatevi una coccola.
Kitcaliber – Halcyondaze
Possibly the perfect soundtrack for a game of laser-tag.
ClutteredHeron
Questo disco di digital rock è uscito in piena pandemia ed è riuscito a bucare egregiamente la nicchia di Halley Labs, finendo in posizioni non scontate delle classifiche di RYM, quindi se siete del giro potete anche farvi belli con un album che non sia malcagato da tutti quanti i vostri amici. Halcyondaze è, come da epigrafe, una release di digital hardcore che porta ai massimi termini la follia creativa di MSX nascondendola sotto strati e strati di looping e campionamenti rotondissimi, con una predilezione per dei synth sparati a urlo sulle altissime frequenze e una complessità di gioco, un multitasking che sembra la versione su disco di una partita di Starcraft giocata da un team di pro player. Ascoltando Halcyondaze la fotta non finisce mai, e sembra quasi strano ricordarsi di quel Kitcaliber (Alessandro è sempre Emma Essex per favore calmati) che nei primi anni ‘10 arrancava un po’ in una figurazione gabber più classica. Pezzi assurdi come The Museum of Unnatural Disasters e OOPS valgono da soli il prezzo del biglietto, che, peraltro, è pure gratuito.
Everything Is Better in Color
Questo articolo, l’avrete capito, ha solo raschiato la superficie di un’interiorità fuori controllo, di un universo di relazioni e personalità che vagano inquiete e sardoniche nel Canada orientale. C’è tanta, tanta, tanta, tanta roba – e, al contrario di schifezze come i Bull of Heaven oppure di esperimenti più pesanti e ragionanti come quelli di Impossible Nothing, tutte le nuove uscite tendono a differenziarsi l’una dall’altra, a macinare sul passato dell’etichetta e dei suoi nomi d’arte, a tradirlo e rinnegarlo o semplicemente ad archiviarlo, a cercare nuove strade per raccontare nuove storie, oppure per reinventare quelle vecchie.
Mi ricordo che qualche anno fa uno scrittore di musica (forse era Valerio Mattioli?) fece un bel rant contro l’IDM in difesa della stupid dance music, quell’elettronica di pura pancia e tanta droga che attraversa i rave, la club culture, i riti collettivi a discapito dell’assaporaggio individuale nel bianco salotto della borghesia fin-de-siècle. Tutto molto bello, ma quello che mi stava sul cazzo di quella difesa della stupid dance music era quel fisiologico esclusivismo ed elitarismo che trapassava comunque, quel noi contro voi che marcava il confine tra i nerd sfigati (che ascoltavano IDM) e i raver con tutte le tacche sul fucile, che li rendevano molto più cool. Natura e cultura, no? Ho riflettuto in queste settimane di ascolto costante e completo della breakcore, della happy hardcore, della chiptune, del rumore e dell’ambient, della gabber e della fusion, degli Eggs di Mayhem e della Billy Joe’s Dubstep Adventure di Truxton. Poche cose sono più uncool di una persona che inventa decine e decine di personaggi immaginari, fa fare loro delle cose, li mette sotto contratto, li usa per vomitare un mare magnum di musica che spesso è mediocre, a volte è orrenda, raramente è bella o interessante. Poi questi personaggi li fa anche furry. Non è stato molto Danny Ocean da parte sua.
La musica a volte serve a legare, a farsi belli. Quanto più qualcosa è cool tanto più ha la forza di sfondare, magari negli anni ‘90 era Aphex Twin e una decina di anni prima erano i D.A.F. Noi abbiamo sempre odiato questi meccanismi, ma sono costantemente attivi. Conosciamo perfettamente questa dinamica: scriviamo di dischi jazz o di classica moderna che amiamo e ci cacano in cinque, ma amiamo quello che facciamo nonostante i pochi riscontri su ciò che cool proprio non è. Forse per questo sono stato così tanto affascinato dal successo di Emma Essex, dalla sua infinita palette di colori che mi fa solo pensare: si può fare. Quale sia la specifica incarnazione di questa rivelazione non è particolarmente importante, io provo un affetto immenso per questa dance music che non è né stupida né intelligente, è solo da loser. E secondo me, dato che nella vita abbiamo fatto tutti parte di questa macrocategoria, celebrare questa targa di infamia passando dalla infinita serie di ciò che ci rende unici è semplicemente liberatorio. Non è il Dream Syndicate, non è Braxton. Non sono nemmeno gli Atari Teenage Riot, né i Pixies. Non si assapora questa musica come un vecchio torbato, non si mette la patch sulla maglia per fare un punto luce del logo della band, è loser dance music, sciocca e imbarazzante. Semplicemente si accetta che a volte abbiamo solo bisogno di una parodia di Wonderwall – scritta male, ma con un grandissimo senso della melodia. Una cosa così semplice può essere ripetuta molte volte, in molti modi diversi, con molti colori diversi e con una storia nuova ogni giorno.
È così facile, quindi?
Facciamo che io ero un ragazzo con le scaglie e la testa di lucertola, e tu una specie di gatto coi capelli di tutti i colori.