KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD – OMNIUM GATHERUM
Quando ascolto musica e poi ci ragiono sopra penso di essere una persona abbastanza capace di conciliare pancia e testa, sia in positivo che in negativo. Nonostante ciò, alcuni miei giudizi sono tutto meno che misurati: se c’è qualcosa che ritengo davvero preziosa o interessante in un disco posso perdonare molti suoi altri aspetti che mi piacciono meno, o che percepisco come sub par; al contrario, se noto un elemento davvero tossico, il fatto che la produzione sia ottima o che i musicisti sappiano suonare non farà granché la differenza. Quando dico che i King Gizzard & The Lizard Wizard mi fanno vomitare, pertanto, sono baldanzoso nello sbattermene il cazzo di tutte quelle caratteristiche ben fatte o godibili che si possono trovare nella loro musica, perché il concetto alla base è rivoltante e una volta assodato questo c’è poco altro da dire.
Prima di tutto, da persona che si ascolta i dischi e gli piace che abbiano non dico una programmaticità ma almeno una raison d’etre, tutta la gente che caga fuori settantamila release all’anno mi sta sul cazzo. Impossible Nothing – che pure sa fare il suo lavoro – non si può davvero aspettare che io mi ascolti cento ore di suoi strumentali del cazzo: cosa vuol dire questo? Vuole che io metta la sua musica come sottofondo senza porci attenzione? Vuole che senta semplicemente una roba ogni tanto pescando a caso? A prescindere dalla risposta giusta, è evidente che io e lui diamo un valore molto diverso alla musica. Lo stesso problema si ha con questo gruppo di coglionazzi australiani, con la differenza che le problematiche sono ancora più insanabili: se fai instrumental hip hop come il tizio citato sopra c’è da ammettere che il tuo genere funziona anche quando serve da sottofondo, che regge piuttosto bene i miscugli di influenze che ci infili, che i campionamenti ti permettono di mantenere coerenza artistica anche quando sei uno schizofrenico, eccetera eccetera. Ci sono molti aspetti da considerare. Se invece fai mille dischi di rock psichedelico vintage non ci sono scuse. Non ci sono scuse perché NON sei una jam band come i Grateful Dead o i Phish, dato che loro erano pienamente in linea coi tempi e perfino innovativi nella loro proposta; non ci sono scuse perché tutti i mischioni che fai finiscono per suonare perennemente già sentiti, e perché tutte le influenze che usi perdono di significato e diventano solo fastidio aggiunto. Non ci sono scuse perché mi cachi il cazzo e ti odio. In questo pezzo stai strizzando l’occhio agli Hawkwind? Ai Gong? Ai Pink Floyd? Ai Led Zeppelin? Ma chi se ne fotte? Quando tutto quello che riesci a tirare fuori sono cavalcate sciacquatissime senza alcuna profondità espressiva nei momenti migliori, e orripilante muzak per ragazzini ironici nei peggiori, tutto quello che dovresti fare è appendere gli strumenti al chiodo, oppure suonare per quanti anni vuoi nel tuo garagino di merda, ascoltato dai tuoi amici, senza rubare fan e soldi a band che invece almeno ci provano a portare avanti un discorso musicale onesto.