COME SI FA A SCOPRIRE MUSICA NUOVA?

Premessa

Abbiamo scritto questo articolo su suggerimento di tantissime persone che non sono coinvolte all’interno di discorsi musicali, che ci vengono sempre a cercare per suggerimenti e che spesso rimangono un po’ deluse dal fatto che abbiamo gusti diversi e che adoperiamo ragionamenti diversi su cosa è bello e cosa no. Il pubblico privilegiato delle righe che seguono è composto dalle persone che non hanno abitudini particolari nella scoperta di nuova musica o che vogliono allargare i propri orizzonti senza farsi dire da qualcun altro cosa pensare. Se siete dei music nerd di vecchia data con un oceano di ascolti alla cintura e un probabile problema d’igiene potete leggere questo articolo e trovarci qualcosa di buono: ovviamente siate pronti a macinare righe di osservazioni che per voi saranno scontate. Se invece non avete idea di come facciano i vostri amici a stare sempre sul pezzo con le nuove uscite, benvenuti. Sarete probabilmente nauseati dalla quantità di informazioni che contiene questo articolo: in quel caso fate la mossa che si fa leggendo un pezzo di WikiHow o di Aranzulla e navigate direttamente sull’indice senza leggere tutte le righe che stanno sotto, nessuno si offenderà. A prescindere da quale sia la vostra categoria d’appartenenza, vi auguriamo una buona lettura: speriamo di aver fatto i vostri interessi. 

Introduzione: costruire una query di ricerca

Per scoprire musica nuova dobbiamo innanzitutto capire per bene cosa vogliamo: non è immediato valutare i propri voglini e spesso è più probabile che quello che cerchiamo siano feedback da dischi e brani che ricordiamo inconsciamente e che speriamo di trovare altrove. Questa condizione vale soprattutto per quella Sehnsucht che viene generata dalla noia di vivere, dalla voglia di costruirsi delle colonne sonore per una quotidianità non eccelsa. In second’ordine, può valere anche dal bisogno di sentirsi ferrati sull’argomento di cui ci piace parlare, che magari abbiamo messo da parte per dedicarci ad altro, o che vogliamo approfondire per comprendere meglio quali sono le nostre necessità. Il primo passo è sempre la ricerca di consapevolezza, qualcosa che può costruirsi in luoghi più validi o meno validi (come in quel periodo di merda in cui fiorivano le flowchart di /mu/ in ogni angolo di internet), ma che è fondamentale avere come obiettivo, almeno. 

Cosa voglio? Cosa cerco? Cosa mi piace della musica, perché? Ci sono delle conoscenze specifiche che voglio raggiungere o sono portato ad allargare le mie visioni per un anelito sensista, affascinato da ciò che non conosco? Sono delle domande che è opportuno porsi prima di cominciare, perché portano a risultati molto diversi. Ognuno di noi in redazione peraltro si muove con metodi differenti nella costruzione delle proprie query: sono cose che devono cambiare anche a seconda di quello che vogliamo trattare, dell’articolo che vogliamo scrivere. Saper generare una query è importante, concede di eliminare tutti quei dati inutili che segano il nostro prezioso tempo di vita: per arrivarci bisogna fare un minimo di introspezione, capire cosa ci piace, cosa non vogliamo, che impianto sonoro stiamo cercando, come si posiziona il nostro spirito critico. Il consiglio qui è quello di andare avanti senza troppo pregiudizio nei confronti dei propri gusti e partire da se stessi: alla collettività giova di più un folto gruppo di appassionati di cose molto diverse tra loro piuttosto che una piramide gerarchica dei competenti su quella che è una non meglio identificata storia della musica. È possibile fare una divisione di massima delle proprie query articolandole in questi tre sottoinsiemi: 

(1) La domanda di musica di ogni tempo finalizzata a scoprire dischi e performance che non conosciamo, musica che ci è sfuggita e che ci potrebbe piacere o arricchire.

(2) La domanda di contesto, di un approfondimento e di studi sociologici, storici, musicologici relativi a un periodo, un disco, un artista e quant’altro.

(3) La domanda nuda e cruda di musica nuova, possibilmente uscita nell’ultimo anno o giù di lì, per conoscere lo stato dell’arte e fare la propria parte nel discorso globale. 

Per comodità etichetteremo le fonti presentate qua sotto con questi numeri per indicare a quale tipo di ricerca sono più utili. Perché una cosa è cercare bei dischi crust punk usciti tra il 1980 e il 2000, una cosa è capire quanto c’è di reale nel termine giornalistico “Dunedin Sound”, un’altra cosa è mettersi a pari con le nuove uscite. Ovviamente il risultato massimo di tutti questi consigli si ottiene mettendo in sinergia tutto quanto e facendo anche un po’ di sforzo intellettuale personale, ma non tutti hanno voglia o tempo ed è giusto così. Detto questo: implementare anche solo uno o due di questi accorgimenti può aumentare di brutto la salute e la varietà dei propri ascolti. Cominciamo!

1. Stare lontano da Spotify e Youtube (2)

Gli strumenti che distruggono lo spirito critico e massacrano la propria flessibilità musicale li conosciamo benissimo. Noi stessi ne siamo vittima quando non abbiamo tempo o non siamo nel momento di vita in cui esploriamo le nuove uscite. In questo breve specchietto vogliamo omettere tutte le problematiche etiche, morali, ideologiche legate all’uso e all’abuso di Spotify da parte di tutti gli attori che ne compongono il corpo perché i deficit della piattaforma sono tantissimi e vale la pena rimandare a un futuro articolo bello livoroso. Il problema specifico che portano queste due piattaforme (le prendiamo ad esempio per ogni pseudo-social simile) è nel ristagno orripilante in cui gli algoritmi tentano di lasciare gli utenti, condannandoli a un purgatorio di sameness che può finire solamente quando si stacca la spina. Come tutti i colossi del web 2.0 l’obiettivo scontato di queste piattaforme è quello di tenere i loro utenti attaccati ai contenuti e farli ritornare nella loro bolla a botte di confirmation bias e ricette della nonna. La traduzione: l’obiettivo di farci cliccare su un nuovo video o di farci tornare ad ascoltare la musica su quella piattaforma si realizza tramite la costruzione di pattern e correlati che tendono a premiare un’esperienza di utente fondata sulla pigrizia totale, lasciando l’ascoltatore imboscato in playlist sempre uguali di quella musica safe identificata dall’algoritmo. 

No.

Niente di tutto ciò rispetta gli artisti, l’arte, e gli appassionati. La maggior parte degli esseri umani decade in questo pantano autoalimentato di musica già conosciuta e musica che sembra musica già conosciuta, un disastro per chi la musica la fa, un disastro per chi la musica la scrive, un disastro per chi la musica la ascolta. Se siete davvero interessati a scoprire cose nuove e siete in difficoltà sul punto di partenza cominciate in questo modo: staccatevi dai correlati di Youtube, non aprite le playlist suggerite di Spotify se non per farvi la doccia e uscite definitivamente dalla mediocrità delle scorie dell’inceneritore degli scoli dei cessi della caverna. Farete un favore a voi stessi e a tutti quanti.

2. Monitorare le etichette discografiche (1, 3)

Un buon primo consiglio per scavalcare la catena di distribuzione e promozione dell’industria discografica e rendersi indipendenti è quello di accedere alla fonte della distribuzione stessa seguendo direttamente le etichette che si occupano di lanciare i dischi. Non è un segreto: un buon corpo di label da seguire attivamente è una delle primissime armi che un giornalista adopera in campo musicale per essere aggiornato sulle nuove uscite, o, quantomeno, su quelle che gli interessano. Tramite alcuni aggregatori di cui parliamo più avanti è anche possibile avere direttamente le notifiche delle nuove release cacciate dalle etichette, ma di solito è più comodo farsi un’idea dello stato dell’arte attaccandosi direttamente ai siti e alle pagine di riferimento per capire quali sono i piani, cosa uscirà e come si sta impostando il brand dell’etichetta, che di solito ha una direzione specifica. Questa manovra funziona molto bene con le etichette indipendenti più piccole ma ha senso anche con le pseudo-major e le costole delle major per eliminare con agilità tutti quei dischi poco rilevanti che inquinano la ricerca. Un vantaggio di inquadrare i propri ascolti e indagare sulle etichette risiede nel contestualizzare prima facie le affiliazioni delle band che ascoltiamo, capire in quale sottobosco operano, quali sono i possibili punti di contatto con altri gruppi e come trovare questi altri gruppi. 

Un pezzettino del mio labelroll

Il più grande contributo di un labelroll alla propria routine, però, emerge con le nuove uscite: tipicamente i grossi siti hanno anteprime dei dischi più blasonati che usciranno per determinati distributori, ma spesse volte tante altre prove verranno glissate in favore del partner commerciale più favorevole. Tramite questo strumento è semplice avere un quadro della situazione indipendente dal cherry picking dei grandi attori del giornalismo musicale e intraprendere una propria ricerca sui generi e sulle particolarità che ci interessano. Noi siamo molto affezionati ad alcune etichette: abbiamo fatto una lunga monografia sul jazz della Pi, recentemente abbiamo esplorato un po’ di New Focus, in generale abbiamo un grandissimo apprezzamento per molte label che hanno fatto la storia del midstream contemporaneo (ad esempio Sacred Bones, Tri Angle, Thrill Jockey e quant’altro). Battiamo i cataloghi di un centinaio di etichette con una frequenza più o meno mensile per avere uno sguardo il più completo possibile sulla musica che va in generale e sulla musica che va a noi. Molte etichette hanno degli statement estetici ben precisi, dei generi che seguono, delle persone che lavorano con determinate competenze: questo concede a chi le segue di parassitare su queste query per avere degli aggiornamenti coerenti con il proprio stile.

3. Monitorare i magazine che parlano di musica (1, 2, 3)

Per chi non ha la pazienza di costruire un labelroll fatto bene un buon compromesso sta nel recuperare dei magazine di fiducia che trattano di musica, spararseli nei preferiti del proprio browser e avere una sana routine di consultazione per guardarsi tutti i feed altrui e rimanere aggiornati su quello che succede. Ovviamente la seconda mano è una strada che chi scrive di musica non dovrebbe prendere con leggerezza (anche se è una cosa che in Italia succede spessissimo), ma un normale appassionato può giovare molto di una serie di siti e pagine utili. Sembra una minchiata, ma è chiaro che il problema non è tanto nella raccolta ma nella selezione: cos’è che andrebbe premiato e cosa no? In che modo usare le diverse piattaforme a nostro vantaggio? Anche qui la parola chiave è consapevolezza: qual è l’obiettivo del sito che sto includendo nella mia raccolta? Vuole essere un sito di critica musicale o un sito di news e promozione? È specializzato in un genere particolare o è un sito di classifiche costruito da una redazione più nutrita? È un blog di appassionati oppure ci lavorano dei professionisti? Mi piacciono gli articoli di un singolo autore oppure sono lì per il brand completo? Nessuna di queste direzioni include un giudizio di valore (un appassionato fa spesso più di un professionista), ma è comodo farsi un’idea per capire in che modo usare quel po’ di informazione musicale che c’è sul web. A seconda delle proprie scelte un archivio di siti da seguire può essere utile per colmare lacune, approfondire realtà e rimanere in attivo con le ultime uscite. In Italia la situazione è quella che è. C’è un folto numero di blog di appassionati che a breve comporremo in un nostro blogroll (un esempio virtuoso è il sito di Federico Guglielmi, L’Ultima Thule), ma c’è per il resto un pessimo livello di informazione sui dischi recenti, rappresentato spesso da un circle jerk di promozione di emergenti a cui tipicamente non abbiamo mai partecipato, con zenit di malessere come Sentireascoltare, Deerwaves, il Mag di Rockit, Rolling Stone. Veramente tutto brutto anche quando esce su cartaceo. Al di là di altre zine di medio raggio ben più accettabili (Impattosonoro, Thenewnoise), un mezzo unicum del nostro paese è Ondarock che per la sua natura para-democratica tratta molti dischi, spesso con grande pressapochismo, ma a causa della sua mole è un buon luogo dove tenersi collegati per seguire le ultime uscite – e a volte anche per recuperare degli approfondimenti. Andando oltremare e oltralpe le cose cambiano abbastanza ed è più facile accedere a fonti di qualità: noi per esempio seguiamo vagamente Residentadvisor, TheQuietus, The Wire, Fact, Stereogum, Under the Radar e perfino Pitchfork, tutti buoni termometri delle sensation più condivise dal grande pubblico egemone. Come scrivevo su, a seconda del livello di coinvolgimento con il materiale che andiamo a leggere adempiamo a un compito diverso: tradurre i giudizi e i dati riportati sul web dagli scrittori in qualcosa di più concreto e affidabile è un’abitudine che viene col tempo. Di certo molte di queste piattaforme torneranno man mano che la propria esperienza con la musica si allargherà in orizzontale e in verticale: l’importante è evitare di farsi evangelizzare. Ma se siete qui, probabilmente, questo avvertimento è superfluo.

4. Saper sfruttare gli aggregatori (1, 3)

Se i magazine online sono tante parole per parlare di poca musica, i grandi aggregatori online di recensioni, voti, informazioni, sono i dati bruti che possono essere utili per costruire una propria avventura all’interno della musicologia, senza alcun limite virtuale. Rateyourmusic, Last.fm, Debaser, Discogs, ognuna di queste piattaforme concede tanto di ottenere delle raccomandazioni dalle community e dagli algoritmi quanto di trovare dischi o artisti specifici costruendo una propria query di ricerca, anche molto specifica. Qui vi facciamo l’esempio specifico di Rateyourmusic, lo strumento di base che in redazione usiamo più spesso. 

Su RYM posso filtrare le nuove uscite per cercare soli dischi che parlano di suicidio. Ganzo!

RYM tiene traccia di tutti i voti assegnati ai dischi e in questo modo costruisce una lunghissima lista in new music che sfrutta i dati che abbiamo inserito tramite le votazioni e che ci apre percorsi a partire dalle direzioni che abbiamo impostato. Nella pagina genres è possibile esplorare un patchwork infinito di dischi a partire da una divisione per generi (che a onor del vero è super difettata su RYM, ma è tuttora la migliore che si può trovare su internet) e nella pagina community è possibile unirsi al forum e indagare di là a mano, tramite i consigli degli altri utenti. Le feature migliori di un aggregatore come RYM, però, sono le liste e le classifiche. Le prime sono delle raccolte di ogni tipo costruite dagli utenti, molto utili per arrivare a registrazioni mai ascoltate prima, esempio visto adesso: una lista di più di 800 dischi chiamata Dark Ambient Essentials, che speriamo che non siano davvero essentials perché non li ascolteremo mai. Le classifiche, per quanto maturino sui voti delle community e quindi siano comunque destinate a un pregiudizio molto alto basato sull’utente medio di RYM (uno scemo deficiente), sono filtrate tramite uno strumento utilissimo che permette di fare ricerche incrociate inserendo le variabili più disparate: si possono cercare i dischi migliori, quelli più misconosciuti di un certo anno o decennio, quelli di un certo genere, di una certa nazionalità, con determinati feeling e con delle opzioni avanzate abbastanza complesse da non dover essere trattate in questa sede. Lo strumento lo trovate QUI. Il difetto più grosso dei grandi aggregatori, ovviamente, è che quando va bene sono “muti”, non dicono nulla sulla musica che è in database; quando va male danno informazioni sbagliate portando a delle conclusioni che sono distanti dalla realtà. Il consiglio della redazione è di usare questo strumento per arrivare a della musica che altrimenti non si recuperava e poi, se interessati, approfondire questa musica tramite altri mezzi: siti, interviste, libri, esperti, per non parlare di Google. Parliamo di Google.

5. Saper usare Google (1, 2)

È semplice come sembra: conoscere gli strumenti di base per usare Google è un punto di partenza privilegiato per indagare sulla musica. Le possibilità di approfondimento e di scoperta del materiale già incastonato nella storia sono illimitate: internet è una riserva potenzialmente infinita di fonti, aneddotica, dati, informazioni su ogni argomento dello scibile umano. Valgono le raccomandazioni tipiche per una ricerca corretta in un mare magnum di questo tipo e i trucchetti che potete trovare nei soliti articoli esplicativi. Noi, personalmente, attacchiamo il lato più generalista della rete solo una volta recuperato il nostro referente – la nostra band, il nostro disco, il nostro genere – ma i risultati si espandono in molte più dimensioni di quante se ne trovino limitandosi agli specchietti sugli aggregatori o alla recensioncina sul nostro sito di fiducia. Anche senza scalare il livello di complessità: avere la totale libertà di attaccare internet con le nostre query ci può far immergere in scene che non sapevamo esistessero, generi dimenticati, paralleli, storie, tour condivisi con gruppi e supergruppi che possono piacerci ma che altrimenti non avremmo considerato. Scalando, invece? Vi stupirebbe quanto una rapida ricerca oltre la prima pagina di Google vi possa rendere più informati su di un fatto musicale rispetto a tantissime persone che ne parlano su testate qualificate: forum di appassionati del genere, subreddit, pagine e archivi delle band, svariate recensioni, interviste. Materiale scritto che magari sta seccando sulla pietra di un blog abbandonato da qualche anno e che lascia una chiave di lettura preziosa con cui confrontarsi, dei paragoni con pezzi di storia della musica con cui lo scrittore si è confrontato per caso e che altrimenti non vi sarebbero mai passato davanti agli occhi. Video su Youtube o Vimeo di performance da un centinaio di views, tweet e vecchi post sui social fatti dagli artisti che animano la loro storia di un respiro circolare che non è possibile trovare in cuffia: la lista di vantaggi recuperabili da una ricerca autonoma non si pondera. Aggiungo qui che dedicarsi a una strenua difesa della morte dell’autore per poter incorporare la musica che analizziamo nelle proprie strutture interpretative è un’iniziativa assai pigra, considerando che siamo in un’epoca storica in cui è possibile risalire alle testimonianze dirette di chi mette in scena la musica con quattro o cinque minuti di navigazione. Se si vuole andare ancora più a fondo è pacifico aggrapparsi ai motori di ricerca leciti o illeciti per materiale accademico: JSTOR, Sci-Hub e quant’altro permettono di recuperare un confronto con tesi di laurea, articoli peer-reviewed e stato dell’arte della ricerca in storia della musica, etnomusicologia, discipline delle facoltà universitarie tangenti e del conservatorio. Ok, probabilmente stiamo raggiungendo un livello di studio che non è esattamente l’obiettivo dell’ascoltatore medio e che anche noi intraprendiamo solo per i nostri deep dive nelle recensioni e negli articoli, ma la menzione vale la pena. E fuori dal web? 

6. Partecipare agli eventi on site (3)

C’è un mondo che pullula di act musicali che non raggiungono le indicizzazioni e gli algoritmi o che non sono interessati a sfondare oltre la propria nicchia di fan. Il consiglio che presentiamo qui non fa bene solo agli ascoltatori ma fa bene a tutti quanti quelli che lavorano con la musica a chilometro zero: uscite, guardatevi intorno, mappate i locali che fanno musica dal vivo in città e concentratevi sulle serate a cui volete andare. Centri sociali, club, palchi cittadini, entrate nella scena. Magari lo stato dell’arte non è all’altezza delle vostre specifiche aspettative, oppure i generi che recuperate sono troppo distanti dai vostri gruppi di riferimento, ma nel peggiore dei casi avrete fatto una serata in mezzo alla gente in cui sapete chi seguire e chi mandare a cagare, lasciando comunque il vostro dazio nelle tasche di chi aspira a lavorare con la musica nella vostra zona. Nel tempo smetterete di essere la persona fuori contesto in un locale di cui non avete la più pallida idea e comincerete a far parte della fanbase e della comunità che spinge sulla roba che deve emergere dalla vostra zona. Il rischio di farsi coinvolgere troppo e passare da normale fan a crociato della scena è ben evidente: prendere contatto con le persone che lavorano all’argomento, tastare con mano le loro battaglie e vedere crescere i gruppetti che fioriscono nella propria realtà tende a lasciarci con un istinto un po’ protettivo nei confronti dei musicisti che ci stanno a un palmo dal naso. Evitiamo di scendere nello sdolcinato e rimaniamo sempre fedeli ad una linea: la nostra. Ovviamente la dimensione live è tutt’altra esperienza rispetto alla cuffia, ma molte visioni e collegamenti sulle musiche contemporanee possono e devono prodursi in un contesto di socialità, davanti a una birra. Fa bene trovare quella dimensione collettiva che, quando vincolata a un evento musicale, aumenta di varie tacche la nostra possibilità di recuperare uscite e notizie che altrimenti ci sarebbero passate di lato. Per non parlare di quell’ineluttabile muro di rumore con cui facciamo un frontale ogni volta che usiamo internet per le nostre ricerche, che nella dimensione live è totalmente assente. Il luogo più concreto per informarsi sullo stato attuale di una scena o di un gruppo è lo spazio di un concerto, ma per andare indietro nel tempo bisogna rivolgere le proprie lenti analogiche su di un altro piano d’esistenza: la carta.

7. Leggere interviste, libri, materiale citato direttamente dai musicisti e dai lavoratori del settore (1, 2)

Tipicamente (non sempre) un libro di musica non viene dato alle stampe se è una stronzata. Quando un autore si impegna a scrivere qualcosa di così corpulento su di un frammento della storia della musica tende a non andare troppo fuori traccia, e, anche se nel quotidiano scrive peggio, nella prova con la carta tende a recuperare sempre (spesso) sui suoi difetti. Recuperare legalmente (o meno legalmente) libri di approfondimento, di classifiche, di storie di generi o scene, grosse monografie su artisti famosi o dischi, racconti di performance e composizioni cardine della storia della musica è una buona idea per un paio di motivi. Motivo numero A: è bello sporcarsi fino ai gomiti di un punto di vista più o meno obiettivo su un determinato argomento, giovare del lavoro di ricerca altrui, andarsi a guardare gli aneddoti e i ragguagli sulle storie trattate. Fa piacere sia che tenga un passo narrativo sia che svolti sull’analitico o addirittura sul filosofico. Se c’è un testo intero dedicato è facile che l’autore stia cercando di provare un punto o di fare un’operazione specifica che non ha un precedente netto: è bello confrontarsi con una raccolta di tesi portata nero su bianco con un livello di passione che noi magari non abbiamo, va fatto qualsiasi sia il risultato. Motivo numero B, più quadrato e venale: i libri di storia e analisi della musica sono per loro stessa natura pieni zeppi di riferimenti al materiale di partenza e ad attori coinvolti nei processi descritti dal libro: produttori, etichette, scene, artisti, famiglie e amici, maestri e allievi… i testi che trattano di musica sono una miniera di informazioni, a volte anche ben contestualizzate. Tenere un registro di appunti in cui segnare nomi di composizioni, artisti, attori durante la lettura di un libro fatto bene è una scorciatoia privilegiata per accedere ad una compagine eterogenea ma focalizzata della musica che non conosciamo, o che magari abbiamo ascoltato senza conoscere quel collegamento o quell’aneddoto. Non è mai sbagliato sfruttare questa possibilità per ampliare le proprie prospettive e trovare nuovi ascolti nelle uscite e nelle composizioni che non sono all’ordine delle notizie dal fronte. 

8. Attaccarsi a Bandcamp e alle sue iniziative (3)

Bandcamp è una benedizione divina sia per i musicisti che per gli ascoltatori, e basta. Ci sarà un giorno in cui faremo sicuramente un longform sulla piattaforma perché ha una storia interessante, brillante, plastica. Attualmente è uno dei servizi di streaming e distribuzione più poderosi in circolazione (ormai se la batte con Spotify e Apple Music più che con Soundcloud), ha uno stampo fortemente eticizzato e soprattutto cura tantissimo il rapporto con il suo “cliente” prediletto, l’ascoltatore. Sia che si tratti di recuperare un disco di una band che conosciamo bene e che è stazionata con la sua etichetta su Bandcamp sia che si tratti di scoprire musica nuova cambia poco: il sito è una risorsa un po’ dinoccolata da maneggiare ma generosa verso i suoi appassionati come nessun’altra realtà in circolazione. Usare attivamente Bandcamp significa sostenere a piene mani il proprio book di artisti emergenti, ma anche senza accedervi il sito concede tanti strumenti di ricerca di musica nuova. In New and Notable il sito propone un esercito di nuove uscite che hanno guadagnato follower e fan nelle settimane precedenti e per ognuno di questi dischi c’è uno specchietto con qualche parola chiave commentata per capire se è la nostra tazza di tè. I Bandcamp Daily, storie e articoli scritti dai contributori del sito, sono collezioni e liste commentate di tantissime uscite differenti raccolte direttamente dai curatori – approfondimenti, interviste, monografie. Dalla sezione Discover è possibile costruire diverse query nella ricerca indefessa di musica nuova o in uscita, che sia per genere, annata, città di residenza degli artisti e altro. Le raccomandazioni del sito sono costruite in base ai suggerimenti della community e a tutti quei dischi che condividono le fanbase con la musica da cui parte la query; è possibile rimanere aggiornati iscrivendosi a qualunque mailing list e seguendo artisti, generi ed etichette come più ci aggrada. Diventare un utente attivo su Bandcamp significa scivolare in un tunnel allucinante di musiche che non seguono i filoni classici pubblicizzati sulle riviste o  spinti dagli aggregatori come Rateyourmusic, ma significa anche essere il pioniere della propria esperienza musicale. Scrollarsi di dosso tutta la bullshit amatoriale che non ci interessa e andare a procacciarsi la roba buona nel ciclone della musica contemporanea, petto a petto con la creatività incontrollata di tutti quei musicisti che pagherebbero per sfondare. Noi siamo fan di lunga data della piattaforma, parte del nostro spirito critico si è formato sul capire i suoi dos e don’ts e per questo saremo perennemente ben disposti nei suoi confronti. Stellinare dischi che potrebbero essere interessanti saltando qui e lì nelle tracce raccomandate, vagare in etichette indipendenti da quattro soldi, confrontarci con i gusti di un utente che spinge le cose che piacciono a noi: passare qualche ora così per noi è puro quality time, se la gioca nel campionato del trekking e della pesca. Se non siete abituati a maneggiare lo strumento provate a dargli una possibilità: è divertentissimo. Il peggio che vi possa capitare è sentirvi piccolissimi, che comunque fa bene.

9. Trovare delle community online (1, 3)

Se proprio dovete farvi suggerire qualcosa da qualcuno su internet fate in modo che sia gente in carne ed ossa. Avere un gruppo di personaggi di riferimento con cui discutere e approfondire percorsi sulla musica è un ottimo punto di partenza: noi della redazione siamo solo in cinque, ma il confronto e la condivisione del materiale ci permette di aumentare esponenzialmente il livello della nostra consapevolezza sui sommovimenti contemporanei e sulle uscite che ci piacciono. Ma anche facendo un campo lungo: i social come Facebook o Telegram hanno una serie di gruppi vivi e morti dove farsi una nuotata in cui vengono promosse musiche vecchie e nuove che possono piacerci. I temi sono i più disparati, come si addice alle piattaforme di riferimento: si va dai gruppi Facebook in cui si promuovono i propri progetti noise sperando che qualcuno li noti fino a canali Telegram divisi per macrogenere. A seconda del livello di coinvolgimento è possibile scegliere se mettersi in prima linea a contribuire – soprattutto nelle community più piccole – oppure fare il lurker vecchio stile e mettersi in saccoccia le cose che vengono proposte. Uno dei nostri obiettivi futuri è proprio quello di costruire una community abbastanza consapevole in lingua italiana per discutere di musica e nuove uscite sotto nostro nome, una realtà del genere è capace da sola di influenzare il midstream nazionale e di contribuire alla salute delle scene che emergono sul nostro suolo: tenetevi in contatto e quando arriverà il momento potrete aggiungere i gruppi di Livore alla vostra cassetta degli attrezzi. Nel frattempo?

10. Seguirci (1, 2, 3)

No shit. Se siete interessati a tutti i consigli che abbiamo lasciato, seguiteci. Noi siamo un progetto di approfondimento e promozione che non si limita a fare la lista dei buoni e dei cattivi e che soprattutto non è a libro paga di nessuno: siamo onesti e appassionati e il nostro obiettivo numero uno è quello di contribuire alla salute e al buon livello della roba che ci passa tra le mani, con carote (per quanto possano essere buone le nostre carote) e bastoni (per quanto possano far male i nostri bastoni). Il vantaggio innegabile nel seguire la nostra realtà consiste nell’avere un distillato di tutte le parti precedenti di questo articolo: ognuno di noi in redazione segue etichette, ha un suo mazzo di siti in cui va a pescare le nuove uscite, sfrutta gli aggregatori in modo differente, fa ricerche su Google su scenari musicali diversi, vive in città diverse, si appassiona a testi di più generi, naviga diversamente Bandcamp e appartiene a community di vario genere. Il risultato su Livore è un riassuntone ragionato e commentato di tutte queste operazioni quando sono effettuate da noi, con un lavoro dietro le quinte che non è paragonabile a una normale ricerca di musica nuova (e ci mancherebbe) e con esiti che generano situazioni completamente nuove. Attualmente abbiamo vari progetti in lavorazione, ma già ora siamo in gioco con la nostra programmazione settimanale che è fatta di articoli di approfondimento e longform (come questo), recensioni di dischi recuperati in uno dei modi citati qui dentro, rubriche collegate alla nostra esperienza, playlist di brani meritevoli fuori dalle mappe convenzionali, #RISENTIAMOCI per i dischi di vecchia data, news, specchietti promozionali, link ad articoli rilevanti proposti da altri siti, una wishlist di dischi che stanno per uscire e che aspettiamo… In effetti abbiamo veramente un bel po’ di cose tra le mani, in questo momento. Non ce ne viene in tasca niente, ma per voi potrebbe essere un ottimo strumento di scoperta, di ricerca o di approfondimento. In giro per il sito trovate tutti i riferimenti social che vi possono essere utili, il nostro indirizzo ce l’avete e noi siamo particolarmente responsivi a tutti i messaggi e trasparenti sugli strumenti che usiamo. Quando vi ricapita? 

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Alessandro Corona M
Alessandro Corona M