MAGDALENA BAY – IMAGINAL DISK

Mom + Pop

2024

Synthpop, Progressive Pop

A poco più di un mese dalla sua uscita, Imaginal Disk dei Magdalena Bay si è già affermato come una delle uscite di punta di questo 2024. La copertina ci dice già tanto: un lavoro curatissimo esteticamente, uno di quei blend tra nostalgia e spirito accelerazionista che fa impazzire la fetta di pubblico più avvezza alle distese liminali del web. Uscite di questo tipo si rivelano essere irresistibili oppure completi buchi nell’acqua, ma non mancano mai di generare un certo fanatismo online, finendo per polarizzare il discorso attorno a loro. In redazione non siamo mai stati fan di questo circo, e dato che la mia opinione era pure piuttosto tiepida avevo preferito lasciar passare l’occasione di parlarne. Col tempo però, riascoltando i pezzi che mi avevano colpito, mi sono pian piano perso tra le pieghe di una produzione squisita, finendo per apprezzare sempre più la visione artistica così chiara del duo statunitense. Mi sbagliavo: di cose da dire su Imaginal Disk ce ne sono eccome.

Per cominciare, le influenze sono tante, e il disco non le vuole nascondere. L’eco palese della deconstructed club nelle timbriche, nei sintetizzatori e in molte vocals; la funkiness un poco rileccata del city pop; un gusto melodico che trae a piene mani dagli anthem occidentali della Gen Z; e ancora, andando indietro nel tempo, strutture che sembrano aver imparato la lezione di un certo tipo di AOR, quei pezzi un poco ingombranti di 7-8 minuti che tuttavia spopolavano tra il pubblico generalista degli anni ‘70-80. Riconoscere influenze precise in una musica che si fregia del lavoro di levigatura su suoni e composizioni – anziché optare per la purezza espressiva più agognata dal mondo alternativo – diventa sempre difficile, anche quando il quadro generale è chiaro: le fioriture ritmiche che donano complessità a vari pezzi, ad esempio, potrebbero portare alla mente tanto i secondi Genesis (e dunque ci allacciamo all’AOR) quanto i Casiopea (e quindi la fusion della rinascita economica giapponese e il city pop). Sentendo il disco per la seconda e terza volta, avendo già un’immagine mentale approssimativa della musica nel suo insieme e quindi concentrandomi di più sulle componenti di ciascun pezzo, saltano fuori tanti momenti che percepisco di aver già sentito da qualche parte, come l’intro di Killing Time coi suoi bonghetti pulitissimi e il basso preponderante che mi ricorda non so quale brano progressive pop o le soundscape di Watching T.V., che posso giurare siano simili a qualcosa dei Pink Floyd gilmouriani. Per non parlare di quanto Naive dei Kooks risuoni con una certa improbabilità in Death & Romance. È però lampante che, chiunque essi siano, gli artisti che hanno ispirato i Magdalena Bay siano stati perfettamente metabolizzati e contestualizzati in una musica del tutto contemporanea. 

Come fa un tale mappazzone a risultare coerente? Lo sguardo di Mica & Matthew girovaga nei decenni passati prendendo ispirazione ovunque riesca a trovarla, ma ne sfuma i contorni in un amalgama di suoni e idee che i due poi racchiudono con impressionante precisione dentro piccole gemme pop, ciascuna dai riflessi diversi. Tale attitudine è lo spirito della nostra epoca: internet ci fa provare nostalgia di ambienti mai vissuti e cose mai successe, coprendo i mondi più disparati con la stessa patina e dando così al consumatore occasione di interiorizzarli senza alcuno shock culturale. Le particolarità dei singoli scenari traspaiono, ma filtrate da una lente immaginifica che le rende più digeribili e comparabili. Questo processo, a mio avviso, non è positivo né negativo, tanto è facile vederci del bene e del male allo stesso tempo. Lo sconfinato spazio virtuale è simile a uno specchio, e alla lunga rivela ineluttabilmente le intenzioni di chiunque, a prescindere dai riferimenti culturali utilizzati per dar loro forma. Da questo caos sconfinato i Magdalena Bay traggono una miriade di spunti e flirtano insistentemente col kitsch, col cattivo gusto, ma Imaginal Disk non manca mai di mostrare una creatività scevra da tutte le sovrastrutture viscide che appestano il pop, una pura e semplice ricerca di individualità. 
Per quanto riesca a rileggere tutti questi impulsi diversi attraverso la sua lente, per quante idee e cambi irresistibili contenga al suo interno, è quasi ironico che l’unico grande difetto del disco sia semplicemente la sua lunghezza. Se Imaginal Disk durasse una quarantina di minuti, se terminasse dopo Feeling DiskInserted?, finirebbe probabilmente tra i migliori lavori dell’anno; per come stanno le cose, però, il disco perde carburante nella seconda metà e la formula magica del duo sembra perdere pian piano i suoi effetti. Quel groove spinto e grassoccio, così coinvolgente in Image, suona ben più sbiadito in Love is Everywhere, complice probabilmente un impianto melodico meno ispirato; le influenze disco di Cry for Me stupiscono meno, la piano ballad emotiva Angel on a Satellite non colpisce come dovrebbe: Imaginal Disk ha detto quello che doveva dire nei primi dieci pezzi, e l’assuefazione comincia a farsi sentire. Non siamo dunque davanti a chissà che paradigm shift nella musica pop come vorrebbero far intendere alcuni, ma il disco rappresenta comunque un grosso passo avanti rispetto al ben più noioso Mercurial World; tra tutto il pop stilosetto di questi ultimi mesi, dovessi scegliere un disco da tenere e far ascoltare al grande pubblico, sceglierei senza dubbio Imaginal Disk.

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David Cappuccini
David Cappuccini