ANA LUA CAIANO – VOU FICAR NESTE QUADRADO
Potrei scrivere un intero longform sulle caratteristiche di questo grande progetto collettivo che si articola nella nostra attualità e che si propone di ricostruire con mezzi contemporanei la musica folk tradizionale delle proprie parti. È un’operazione allo stesso tempo di restauro e détournement, delicata e sfacciata, quasi sempre operata da chi ne sa, figurativamente all’opposto del campo di espressione di chi si aggancia ai generi più in voga, ma con un timbro artistico ben radicato nel proprio gruppo etnico o nelle proprie tradizioni. Da un lato l’hip hop guatemalteco dei Balam Ajpu, dall’altro l’avant-folk siculo di Alfio Antico: due facce della stessa medaglia in questo dialogo con un passato futuribile che è forse uno dei più affascinanti punti di collasso del nostro Zeitgeist.
Cerchiamo di convergere, invece di divagare: così come la settimana scorsa abbiamo visto insieme il progetto poliforme di Ëda Diaz, oggi ci tocca dare uno sguardo comprensivo a un’altra artista europea che prova a sposare le folksong delle sue parti con i mezzi d’espressione dell’oggi: la portoghese Ana Lua Caiano è al suo debutto su long play, sembra avere le idee molto chiare, impone che le nostre attenzioni vadano su di lei e sulla sua musica. Il disco, Vou Ficar Neste Quadrado, esce su Glitterbeat dopo un paio di anni di pubblicazioni di EP (Cheguei Tarde A Ontem e Se Dançar É Só Depois) con cui la musicista ha avuto modo di esplorare quello che oggi è diventato il suo linguaggio artistico d’elezione: ci arriviamo. Caiano è (sembra?) molto giovane, ma nella sua storia ha avuto a che fare con la musica da diverse prospettive: suonatrice di pianoforte da bambina, alunna di scuola jazz da ragazza, producer di elettronica in cameretta a partire dai mesi di lockdown della pandemia. Durante tutte queste iniziative la musicista è stata ovviamente esposta alle canzoni della sua terra, come noi con De André e la tarantella. Il primo riferimento che ci tiene a citare è la musica popolare portoghese d’anteguerra e il folk battagliero della música de intervenção di Sérgio Godinho e Zeca Afonso, i canti di protesta che hanno messo benzina nella rivoluzione dei garofani che rovesciò l’Estado Nuevo, brani di cui lei stessa fa spesso menzione nelle interviste e nei suoi comunicati stampa.
Per dare qualche coordinata precisa sullo stile di Caiano, però, bisogna mettere un attimo a lato tutte queste cose e provare a concentrarci su altre influenze citate nei presskit: la musica con cui è cresciuta la producer, in cuffia, era il trip hop dei Portishead e l’art pop scintillante di Björk e Laurie Anderson, quest’ultima eminentemente influente su tutta la sua produzione negli stili e nelle tecniche di incollaggio. La base strutturale di Vou Ficar Neste Quadrado è in quel genere di composizione a singhiozzo che si traduce agilmente in sample che possono essere insieme un po’ punchy e un po’ caotici, con l’effetto sull’ascoltatore di quel coito interrotto di tiro, un teasing che, se proposto per bene, caratterizza le migliori uscite deconstructed club. Non sono il primo, infatti, a definire il risultato musicale di Caiano come “essenzialmente club music”, e i suoi numi in campo art pop possono da soli dare l’idea di quale sia il tipo di silhouette di scrittura visibile in filigrana alle scelte timbriche e al comparto strumentale. Ma la magia della producer avviene proprio in questi ultimi due dipartimenti, dove esplode una inedita lettura del folk portoghese che innalza la sua deconstructed club ad una fibra qualitativa ben superiore alla solita cosa. Caiano ci tiene a specificare che il folk che prende in considerazione non è il fado, ma non dà altre coordinate: ci penso io. Tutti i brani di Vou Ficar Neste Quadrado (e dei precedenti EP), pur immersi in qualche sparuta costellazione di glitch o in sample più frigidi ed eleganti, si agganciano alla lontana alla tradizione polifonica del cante alentejano e, ben più da vicino, alla musica popolare del Trás-os-Montes o del sud del Portogallo, con chiari echi tanto della murinheira transmontana quanto del corridinho dell’Algarve. Noi avevamo già dato un occhio a questi generi quando abbiamo ascoltato il bellissimo Leva Leva, ma se vuoi siete interessati vi possiamo consigliare le raccolte (che ai tempi avevo definito “lomaxiane”) di Michel Giacometti e la bella release sulla musica transmontana pubblicata nel 1980 da Ocora. Ana Lua Caiano va anche in prima persona a partecipare al progetto di conservazione della musica tradizionale portoghese nell’agosto del 2022, registrando alcuni dei suoi pezzi unplugged per lo splendido Música Portuguesa A Gostar Dela Própria, un progetto mirato a registrare e divulgare le manifestazioni della musica popolare della nazione: andatevelo a spulciare.
Ma torniamo a noi; che succede in questo disco? Caiano decide di applicare a questo atteggiamento di free clubbing la polifonia del cante portoghese, le armonie gravi che si possono trovare nella canzone di rivolta di Godinho, gli strumenti tipici della danza popolare transmontana (il bombo criollo) e insulare (il brinquinho de madeira). Le folksong a cui Caiano fa riferimento sono spesso molto secche e lineari, con l’esempio del cante che spesso viene svolto a cappella e dei ritmi popolari che vengono scanditi una percussione alla volta, e forse è per questo che la producer decide di lavorare su poco più di una manciata di elementi per riempire i silenzi in cui la sua club decostruita continua a inciampare passo dopo passo. Con poche eccezioni, tutti i brani di Caiano seguono lo stesso canovaccio, stessi elementi: impatti brutali alle percussioni, che tendono a nascere con cassa in quattro e ad evolversi nei ritmi tipici delle danze portoghesi nel corso del brano; coro artificiale delle multiple voci della musicista costruito stratificando i sample, armonie oblique e irriverente protagonismo sulle strumentali; mix con l’elettronica, early stopping dei ritmi quando i versi arrivano ai loro apici, cambio di rotta in coda e nei bridge – a dimostrare che, se volesse, potrebbe aggiungere molto altro. Ogni brano, quindi, emerge in una forma argillosa e contemporaneamente possente. Da un lato abbiamo i glitch che in contorno fanno il mestiere del rumore, stemperando le melodie anguste che emergono dal canto polifonico dei sample vocali di Caiano e che tanto ricordano prove come quella dei San Salvador, dall’altro si impongono le percussioni sono missate a palla – con il bombo che fa da padrone assoluto – e dettano la regola su quando il pezzo si debba muovere e quando debba rimanere fermo. Capita spesso in questo back and forth che si contrapponga un tema molto ben caratterizzato al mazzo di sample vocali, giocando al tiro alla fune per la nostra attenzione, e che sia al piano o al flauto poco importa. L’ultimo panorama descrivibile è questo campo largo di tuoni e di vuoti, che sta in una bella sinestesia con quel terra di Siena che fa lo sfondo della copertina.
La linearità assoluta del disco, che concede uno spazio di scrittura molto ristretto, lascia un po’ il sospetto che Caiano sia un one-trick pony del suo stile, ma in realtà in ogni replay si riesce a intravedere meglio il frattale di idee che la producer decide di evitare di approfondire adesso, e che tuttavia sarà senza dubbio utile per il prossimo singolo, per il prossimo EP, per il prossimo disco: senza fine le direzioni di sviluppo che sono implicate e inesplorate in ogni singolo brano. Anche solo trasformare la bellissima Deixem O Morto Morrer in un brano a cappella con il coro Essence Voices è abbastanza per dare nuova prospettiva al singolo di riferimento: Ana Lua Caiano ha già trovato la sua dimensione, ma è facile immaginare che, adesso che la sua club music ha avuto qualche attenzione, il progetto esploderà in tutte queste direzioni che Vou Ficar Neste Quadrado lascia solo intravedere. A noi rimane come residuato, poco male, uno dei dischi più forti di questo 2024.