20 ANNI DI SUBTEXT

Non ci giriamo intorno: nel mondo della musica elettronica, la Subtext è una delle etichette discografiche più apprezzate da noi di Livore. Nel corso degli anni Dieci la creatura di James Ginzburg ha saputo imporsi nell’affollato mondo del sound design post-industriale, tracciando un percorso coerente e visionario. Sintetizzatori nevrotici in alta definizione, bassi che rimbombano distorti, infiltrazioni di rumore dai riflessi metallici, il tutto in un tessuto musicale sottoposto a manipolazioni massimaliste che ne sconvolgono la prospettiva: queste le caratteristiche fondamentali dell’estetica Subtext, filtrate attraverso le diverse sensibilità del manipolo di artistə coinvoltə nel progetto. Una pubblicazione dopo l’altra, è stato plasmato un suono che ha saputo incapsulare a meraviglia il fascino verso il gioco di vuoti e pieni del brutalismo digitale, infondendolo però di una componente emozionale tanto vivida quanto ineffabile. Un approccio che ha fatto scuola e che ha reso la label un osservatorio privilegiato sugli sviluppi di quel mondo al crocevia tra drone, ambient e noise. 

Dall’inizio delle attività sono passati vent’anni, con molti momenti memorabili e qualche recente scricchiolio: il 2023 è stato forse il primo anno in cui si è raccolta la netta sensazione di una Subtext in affanno, tra nuove proposte che non convincono pienamente e l’assenza di exploit della vecchia guardia. Allora non c’è occasione migliore di questa per ripercorrerne la storia, con una playlist di pezzi selezionati dalle pubblicazioni più significative. Il nucleo è ovviamente costituito da una panoramica sull’ormai classico suono Subtext, ma non mancano le incursioni negli altri territori esplorati dall’etichetta. È musica che al suo meglio sa essere devastante e commovente, soprattutto ancora brillantemente attuale; un modo per ricordarci di quanto la Subtext sia stata (e, speriamo, continuerà ad essere) speciale.  

Condividi questo articolo:
Roberto Perissinotto
Roberto Perissinotto